Filippo Carimati, Presidente di BrianzAcque alla vigilia della privatizzazione "Il problema sarà capire come il pubblico potrà mantenere il controllo di una società che vede un socio privato che vuol far profitto."
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hi è BrianzAcque e qual è il suo bacino di utenza?
BrianzAcque è una s.r.l. partecipata da aziende pubbliche che ha l'affidamento per l'erogazione del servizio idrico integrato, ovvero depurazione, acquedotto, rete fognaria in tutto il territorio della Brianza e che, avendo tra i soci Idra, società con sede a Vimercate, oggi abbraccia anche tutta la parte che va da Trezzo a Trucazzano e Cassano d'Adda, che geograficamente fa parte della provincia di Milano.
Cosa accadeva prima del 2009 in Lombardia?
La regione Lombardia aveva una normativa che prevedeva la separazione tra i ruoli di gestore degli impianti e erogatore del servizio.
Fino al 2006 la situazione è stata molto frammentata: vi erano le multiutility, società che gestivano nel loro territorio chi l'acquedotto, chi la rete fognaria e l'Alsi che gestiva per tutte la depurazione.
Tra il 2006 e il 2008 si è avviata un'attività di riorganizzazione del settore: le società, per prima Brianza Acque, hanno tentato di unificare il servizio. Il riordino del servizio idrico integrato prevedeva che sulla vecchia provincia di Milano fossero presenti due soggetti: BrianzAcque e Milano Acque.
Ci sono però ancora alcune situazioni aperte, come Agam a Monza. Verranno normalizzate?
A Monza l'acquedotto è gestito da Agam e in qualche comune, come Besana e Renate, gli acquedotti sono gestiti ancora da Cap (la società di Milano). Certamente si provvederà ad una ulteriore fase di risistemazione in futuro.
Nel novembre del 2009 il decreto Ronchi ha rilanciato la spinta verso la privatizzazione del servizio idrico e a marzo scorso la sentenza della Corte Costituzionale ha dichiarato l'incostituzionalità delle leggi regionali che disciplinano il settore idrico. Come cambierà il lavoro di BrianzAcque in Lombardia?
La legge lombarda è stata dichiarata incostituzionale laddove stabilisce la separazione del ruolo di gestore e quello di erogatore: ovvero tra chi fa gli investimenti sugli impianti, e chi li fa funzionare, li mantiene ecc. La Corte Costituzionale ha stabilito che questa suddivisione è in contrasto con la normativa nazionale che parla di unicità della gestione del servizio idrico integrato, quindi la Regione Lombardia dovrà rivedere la normativa.
Per quanto riguarda il decreto Ronchi nel futuro ci aspetta l'adempimento: entro la fine di quest'anno le aziende pubbliche dovranno mettere a gara almeno il 40 percento delle loro azioni cedendole ad un socio industriale. Ma vendere parte di un sistema così complesso non è cosa semplice: in una situazione in cui c'è un erogatore che è controllato dai gestori ci si domanda quale sia il soggetto che deve cedere il 40 percento delle proprie azioni: l'erogatore, il gestore?
Che tipo di privati potranno intervenire?
La normativa dice che deve essere un socio industriale che quindi svolga già attività nel settore. Ad esempio chi opera nello smaltimento dei fanghi, nella produzione di macchine tecnologie per la depurazione, insomma le possibilità sono molte. La cosa importante è che la norma sembra escludere dei soci finanziari. Ma è materia fresca sulla quale non ci sono ancora orientamenti precisi.
Potrebbe trattarsi di un privato straniero?
Siamo nella comunità europea, il mercato è unico e non possiamo escludere che qualche privato straniero partecipi alle gare. In particolare le aziende francesi sono molto attente e già presenti in Toscana.
L'ingresso del privato ribalterà la situazione, il privato deve fare profitto, non fa certo beneficenza.
Con l'ingresso di un privato le tariffe aumenterebbero?
Noi oggi non ragioniamo in termini di marginalizzazione del profitto ma di copertura dei costi: la sostenibilità economica del nostro sistema deriva tutta dalla tariffa, le entrate coprono i costi. Con la tariffa BrianzAcque gestisce l'erogazione e garantisce gli investimenti: il 42 percento dei ricavi vanno alle patrimoniali che programmano gli interventi.
L'ingresso del privato ribalterà questa concezione, il privato deve fare profitto, non fa certo beneficenza. A dire il vero le tariffe di BrianzAcque oggi sono davvero troppo basse e dovranno essere aumentate a prescindere dalla privatizzazione se vogliamo mantenere questo livello qualitativo, ma si tratterà di aumenti contenuti.
Quali i motivi della privatizzazione?
Non so quale sia la molla che ha spinto il legislatore a tornare su un argomento di cui si parla da tempo, la novità di questo decreto è che esso ha fissato termini ancora più stringenti.
Penso che dietro ci sia la voglia di rendere il servizio più efficiente in tutta Italia anche se non credo sia il nostro caso: in Brianza si lavora già bene, l'efficienza è già una garanzia, quindi si tratterà di andare oltre.
Una norma non va criticata, va applicata. Quello che si farà sarà cercare di trarre vantaggio da questa impostazione. Potrebbe essere una grossa opportunità ma c'è il rischio che non lo sia.
Svendere al privato a basso prezzo il nostro patrimonio, che è un patrimonio pubblico, non avrebbe significato. Sarebbe un errore e il rischio c'è.
Quali rischi e vantaggi della privatizzazione?
Bisogna chiarire che svendere al privato a basso prezzo il nostro patrimonio, che è un patrimonio pubblico, non avrebbe significato. Sarebbe un errore e il rischio c'è.
Sarebbe invece utile trovare un privato che porti contenuti tecnologici, conoscenze nuove, know how.
Se la privatizzazione vorrà dire questo sarà un'operazione positiva soprattutto se si manterrà in capo al pubblico un margine di controllo dal punto di vista economico. Se invece si tradurrà in una sorta di cessione di parte di beni pubblici ad un privato senza averne vantaggi allora non sarà una buona scelta.
Il problema sarà capire come il pubblico potrà mantenere il controllo di una società che vede un socio di riferimento privato.
Cosa accadrebbe nel caso non trovaste il partner privato entro i termini previsti per legge?
Abbiamo l'obbligo di avviare la gara entro la fine dell'anno, sempre che il termine non venga prorogato. A noi pare un termine troppo stretto per un'operazione di straordinaria amministrazione, soprattutto in una situazione come quella lombarda in cui si tratta di riportare all'unità un sistema frazionato e poi sull'unità bandire una gara.
Ma non è detto che la gara vada a buon fine: gli investitori vogliono vedere un piano tariffario e un piano di investimenti chiari e non li abbiamo, ci stiamo lavorando ora ma è chiaro che nessun investitore investirebbe il proprio denaro senza conoscere le tariffe che, si badi bene, non vengono fissate da noi, nè dal privato ma dall'Ato. Personalmente sono del parere che i tempi non sono ancora maturi.
Se bisognerà fare le corse le faremo ma i rischi in questo caso potrebbero solo aumentare.
Ma come vi confrontate voi con il concetto in sè? Quello di privatizzare un bene comune.
Alcuni risponderebbero che non è vero che verrà privatizzato un bene comune in quanto gli impianti rimarranno agli enti locali.
Il problema sarà capire come il pubblico potrà mantenere il controllo di una società che vede un socio di riferimento privato.