Costruire un nuovo distributore di carburante proprio nel Parco di Monza?
È la resa degli amministratori alla loro incapacità di progettare il futuro
Il progetto di mettere nell’area del Parco di Monza un distributore di carburanti “a basso impatto ambientale” , egregiamente svelato ai lettori de “La Rivista che Vorrei” da Gimmi Perego, non costituisce una eccezione rispetto a come molti amministratori immaginano il futuro di Villa e Parco. Così come non lo sono le altre proposte che possono apparire altrettanto cervellotiche: l’idea di costruire un orto botanico nell’area dell’Università di Agraria (dimenticando che essa è stata recentemente e filologicamente riqualificata, e che di orto botanico ce n’è già uno, grandioso ma dimenticato: i Giardini della Villa Reale); quella di reintrodurre un ippodromo (dimenticando che ne è stato eliminato recentemente un altro, abbandonato da decenni, per recuperare lo scenario storico e splendido del Mirabello); trasformare la Villa in un casino (senza accento, alla francese); eccetera.
In realtà queste proposte rientrano tutte in una visione, molto confusa ma persistente nella mente di molti amministratori: quella che il Parco (con la Villa) vada “aggiornato alle esigenze attuali”. Non è raro sentir dire (ad esempio dall’assessore Maffè, che però esprime un molto diffuso sentire, anche bipartisan) che: “Va bene, occorre recuperare il Parco, ma... adeguandolo alle attuali esigenze”. Come dire: “Va bene il Giardin dei Boboli, tuttavia occorre aggiornarlo”.
Ma quali siano queste attuali esigenze non è chiaro. Non risulta che siano mai state definite in qualche progetto all’altezza di quelli del Piermarini e del Canonica. Nessun archistar, nessun architetto del paesaggio, o naturalista, o demografo, o economista agroforestale, è stato coinvolto per una proposta organica (a proposito: dov’è il Comitato Scientifico del Consorzio. preposto -si fa per dire - a Parco e Villa? Anzi: dov’è il Consorzio?). Al contrario qualche “progettista”, non di poco conto, è stato rimosso anche dalla memoria: ad esempio il grande urbanista Leonardo Benevolo, o la Presidente della Associazione Italiana architettura del paesaggio Annalisa Calcagno Maniglio, o la ex Sovrintendente ai beni Culturali, Lucia Gremmo, sostituita da personale più flessibile.
Così, le esigenze attuali sono affidate alle trovate occasionali di singoli amministratori in cerca di visibilità o desiderosi di “passare alla storia”, magari suggestionati da consulenti più o meno interessati.
Eppure, c’è qualcuno che ha cercato di definirle, queste esigenze. Per esempio chi ha redatto la Valutazione Ambientale che ha autorizzato la costruzione del distributore di carburanti “a basso impatto ambientale” nel Parco. Sentite: “La dimensione socioeconomica espressa dalla matrice antropica degli insediamenti nel Parco, delineando differenti modalità di composizione delle esigenze strutturali e funzionali dell’ambiente con la domanda di trasformazione derivante dall’insieme dei fabbisogni delle popolazioni insediate (l’autore del documento, rapito dalla sua fantasia, ha dimenticato di farla seguire da verbo e complemento oggetto n.d.r.). E ancora: “Il livello di coesistenza tra sfera ambientale e socioeconomica del contesto territoriale esprime il grado di integrazione e sviluppo sinergico esistente (o potenziale) fra le dimensioni fisico-ambientale, concernente gli aspetti naturali dei luoghi, i valori paesaggistici e le peculiarità e sensibilità ambientali e morfologiche” . Risparmio al lettore il seguito di questo sproloquio, che può leggere comunque nell'articolo di Perego.
Richiamo solo l’attenzione sulla contrapposizione tra “sfera ambientale” e “sfera socioeconomica”, secondo cui, per soddisfare le esigenze socioeconomiche (ma quali, e di chi?), occorre in qualche modo sacrificare quelle “ambientali” (essendo quelle storiche ed estetiche del Canonica del tutto dimenticate). Questi arcaici “modernisti” non hanno nessuna nozione delle crescenti valenze economiche dell’ambiente!
C’è comunque la consapevolezza che il distributore ha un impatto ambientale. E si cerca di provare che questo impatto è “basso”. Per esempio dichiarando che l’abitazione del gestore sarà colorata di verde!
Per corroborare la debolezza della proposta, si fa poi notare che l’impianto verrebbe realizzato “in un prato boschivo, utilizzato anche come area di parcheggio”. Cioè, su un’area del Parco già degradata. Non viene in mente che le aree degradate del Parco vanno restaurate, e non definitivamente distrutte!
Così, secondo questa visione, l’adeguamento di Villa e Parco alle esigenze attuali significa brutalmente questo: siccome non siamo capaci (o non vogliamo) definire un progetto generale per riportare il monumento agli antichi splendori; siccome non siamo capaci di definire un piano economico coerente con i valori culturali e ambientali che esso offre (basato sulle visite al monumento, eventi di valenza internazionale, gestione del patrimonio agro-forestale, mecenatismo, e sì, risorse pubbliche, ma ben compensate da un sano indotto economico territoriale), allora diamo in concessione definitiva (cioè, alieniamo) Parco e Villa, pezzo dopo pezzo, a privati, in cambio delle briciole lasciate all’ente pubblico dai proci che se ne sono impossessati. Fino ad esaurimento, come si fa per le miniere.
Verrà mai un Ulisse? Non voglio pensare a un Godot!