Si trova(va) nei boschi della cittadina della Brianza: è il Paleoalveo. Raccoglie ancora oggi la maggior parte delle acque meteoriche
“Qui c'erano tutti campi coltivati”. In tanti angoli della Brianza si sente questo tipo di commento. Non serve rispolverare le mappe storiche o le foto aeree: bastano solo 10 anni di ricordi per rendersi conto di come l’edificazione galoppante, che ha reso questa provincia la più urbanizzata d’Italia, abbia cambiato il panorama di molti luoghi. Nei boschi di Bernareggio però nessun essere vivente può dire: “qui ho visto passare un fiume”.
Però è così: lì passava un fiume. Lo dice la geologia e l’ho detto anch’io qualche anno fa accompagnando i bambini delle scuole elementari durante un’uscita didattica.
Questo è il Paleoalveo di Bernareggio: un fiume senz’acqua che nessuno ha mai visto. Basta mettersi al centro della valle subito dopo la vasca volano e rivolgersi verso sud: al posto della lunga striscia verde che curva verso destra si può facilmente immaginare l’acqua che scorreva.
Tanti elementi ci confermano che da qui passava un fiume che ancora oggi, seppur privo d’acqua, segna in modo indelebile e condiziona questo territorio. Lo dice quello che c’è sotto terra cioè la composizione geologica di quel suolo, che si differenzia dal resto del territorio comunale.
Lo dice quello che si vede dall’alto: le strisce parallele, interrotte solo dalla strada provinciale nella zona centrale, sembrano due binari verdi che verso sud si aprono e si perdono prima di Vimercate.
L’alveo è visibile nelle carte storiche, come quella dell'Istituto Geografico Militare datata 1888, in cui ad ovest di quelle poche case che formavano Bernareggio è disegnato il solco formato dalle sponde.
È anche immortalato nelle vecchie foto aeree appese alle pareti del Comune dove si vede una delle prime e più disastrose interruzioni subite negli anni 70-80: lo scarico di macerie che ne ha riempito un tratto.
A prima vista non si riesce a cogliere la particolarità di questo luogo, in apparenza uguale a tanti altri. Eppure l’antico fiume non è solo una curiosità geografica.
Raccoglie ancora oggi la maggior parte delle acque meteoriche che cadono su Bernareggio, negli ultimi anni sempre più intensamente. Le raccoglie naturalmente, come ha sempre fatto, e artificialmente grazie alle vasche volano realizzate proprio lungo il suo corso.
Il suo alveo è coltivato e le fasce boscate che si sviluppano in direzione nord-sud creano un corridoio ecologico al pari di quelli presenti lungo i fiumi e torrenti veri e propri che si trovano a ovest (Molgora) e a est (Rio Vallone e Adda). Passeggiando o pedalando lungo il Paleoalveo, con la neve o con le zanzare, si possono incontrare i rappresentanti del mondo animale che ancora frequentano i nostri boschi.
Ogni mattina, per ben trentaquattro anni, il mio sguardo incontrava dalla finestra quegli alberi che non riuscivo a contare. La consideravo una cosa buona: voleva dire che erano tanti. Ora li vedo più raramente, essendomi allontanato un po’ da quelle sponde. Torno però a trovarle: sempre più nascoste dietro le case che hanno riempito lo spazio visivo, sono ancora lì.
Sono e saranno per sempre i luoghi della mia infanzia e l’emblema di iniziative e battaglie per la tutela del territorio tra cui quella, non ancora vinta, per vedere questo fiume che non c’è più inserito in un parco che lo possa adeguatamente tutelare e valorizzare.