Le origini della "lotta" alle aree verdi nel territorio del capoluogo brianteo
L’idea di una cintura di spazi aperti avvolgente la città affonda le radici nella tradizione inglese e ha inizio duecento anni fa. Le note Green Belt, parte integrante della legislazione urbanistica inglese, sono state un modello nel mondo per la pianificazione urbanistica, volta a salvaguardare la distruzione del suolo e a conservare alta la qualità della vita dei territori urbanizzati. Nel corso di decenni sono stati sperimentati nuovi strumenti.
Sempre in Inghilterra le Community Forests, ad esempio, hanno assunto in breve tempo il ruolo di strumento per la pianificazione e di rivitalizzazione del territorio e del tessuto socioeconomico, predisponendo un humus culturale dove il dibattito sulla sostenibilità ambientale procede a livelli alti. E' noto che le sfide prossime a venire dell'umanità sono legate ai grandi nodi dell'energia, dell'ambiente, dell'inquinamento o della demografia, grandi questioni in conflitto con la tendenza all'addensamento insiediativo e residenziale. Dappertutto se ne discute, ma a Monza, per certe amministrazioni, il parco di cintura urbana è identificato come un malevolo incomodo, di cui sbarazzarsi .
Il Piano Regolatore del 1949
L'accanimento a cancellare le aree verdi intorno a Monza risale agli anni '50. Nella esauriente Breve storia dell'urbanistica a Monza di Pavel Romanoff sono riepilogati con cura tutti i passaggi compiuti nel corso di 50 anni. Dopo il piano del 1949, che prevedeva una ampia zona a verde intorno alla città, con previsioni di popolazione di 100.000 abitanti teorici al 1968, le amministrazioni di allora incaricarono un gruppo di professionisti locali.
Si legge in una ricerca su Monza fatta dal Politecnico, pubblicata nel '73: “In circa otto anni di lavoro il gruppo di professionisti monzesi ha elaborato uno dei peggiori piani regolatori dal punto di vista urbanistico, ma, in un certo senso, il capolavoro dell'espressione degli interessi speculativi edilizi. Il territorio comunale è stato concepito come una vasta area da suddividere tra le attività più redditizie per le speculazioni private: le aree libere sono quasi del tutto scomparse, se si eccettuano le modeste aree ai confini comunali a sud-est e a sud-ovest ancora destinate a verde agricolo”. Questo primo tentativo di cancellare d'un colpo tutto il verde di Monza non riusci, soprattutto per l'enormità della capacità insediativa teorizzata, superiore a 500.000 abitanti. Non potendo ricevere parere positivo dal ministero preposto, fu allora incaricato l'urbanista Luigi Piccinato, di Roma, che presentò un nuovo piano regolatore, riducendo a 300.000 la capacità insediativa, piano approvato e rimasto in vigore dal 1971.
Da allora la popolazione residente è aumentata da 70.000 abitanti a circa 120.000, picco raggiunto nel 1980 e rimasto pressoché invariato fino ad oggi. Nel 1980, per nostra fortuna, Monza ha perso il treno per urbanizzare completamente il suo perimetro comunale. Un colpo di fortuna offerto da una legge regionale, la LR 51 del 1975, che aumentava gli standard pro-capite in particolare le quantità per parchi e verde, parcheggi, attrezzature pubbliche e scuole, contribuì a ridisegnare il verde cancellato. Gli architetti dell'ufficio tecnico si divertirono a cancellare 3 milioni di metri cubi di edificabile, in gran parte nelle aree esterne, una operazione chirurgica che fece riaffiorare la fascia di cintura verde antecedente al 1949.
Dal 1980 Monza ha decisamente perso l'appetibilità insediativa, i flussi migratori della metropoli l'hanno oltrepassata verso nord-est, con lo sviluppo nel Vimercatese del terziario e del'hi-tech sull'asse viario della tangenziale est e verso nord, dove l'espansione a macchia d'olio è stata favorita dalla debolezza dei molti e piccoli comuni, spesso in conflitto tra loro, condizione favorevole al proliferare della microimpresa.
Nei 30 anni successivi al 1980 si sono susseguite alcune propensioni a seguire il corso naturale della evoluzione; una bozza di piano del 1985 che evidenziava una fascia di cintura verde, il piano Benevolo degli anni novanta e infine il Pgt dell'amministrazione Faglia, dove il parco di cintura era una parte fondamentale. Tutte evoluzioni stoppate a più riprese, nonostante fossero sostenute da parti politiche di diverso orientamento, dall'amministrazione democristiana di Malvezzi, a quella leghista di Multifiori e Mariani, a quella di centrosinistra di Faglia. La variante attuale del Pgt, proposta dall'amministrazione Mariani, sembrerebbe per questi aspetti analizzati decisamente anacronistica, non siamo più nell'epoca delle grandi immigrazioni, quelle che fecero aumentare Monza di cinquanta mila abitanti in pochi anni. E' diffusa una maggiore consapevolezza per l'ambiente, il tessuto produttivo non è in grado di assorbire i volumi edificabili ipotizzati dal piano, per ammissione barbugliatata degli stessi estensori, non si raggiungerà mai il livello edificatorio previsto. E' quindi facile pensare alla finalità nascosta tra le mappe: edificare i terreni della Cascinazza, ultimo lembo di campagna rimasto, per soddisfare gli appetiti di pochi possidenti, peraltro neanche monzesi.