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Dall'aut-aut di Marchionne alle fabbriche dismesse di Monza. Il destino delle aree industriali e delle città

 

L'altra sera ha visto la trasmissione di Gad Lerner (l’infedele) sulla questione Fiat. Cercando di andare oltre il tema dell’ormai prossimo referendum, cercavo di capire quante delle promesse di Marchionne potrebbero essere realistiche o se tutte queste (il famoso piano di investimenti) in realtà non lascino intendere in futuro un inesorabile declino o la chiusura della Fiat auto a Torino. Per questo ho pensato alle fabbriche chiuse a Monza negli ultimi 30/40 anni e la loro silenziosa e lenta scomparsa, molto spesso spacciata con la promessa di nuovi investimenti. In realtà poi fatta anche con speculazioni immobiliari (condivise) per salvarle l’industria.

Fabbriche in realtà poi trasferite all’estero o chiuse per la crisi del settore. Mi veniva in mente la fine che aveva fatto la Singer, prima in zona di via Marsala, e poi, dopo aver “valorizzato” l’area, trasferita in viale Delle industrie, acquistata dagli arabi e quindi, venduta la tecnologia, trasferita in Cina. La Philips, andata in Polonia, nonostante a Monza venissero fatti televisori di buona qualità. La Simmenthal, chiusa, immagino, per la crisi della carne in scatola e trasferita altrove. La Hensenberger e i suoi accumulatori. La Coca Cola di via Foscolo. La CGS che non so bene dove sia finita. La Pastori e Casanova di via Grossi, defunta per la ormai lontana crisi del tessile. La Frette in Largo Mazzini.

Dove sono andate? Ma che fine hanno fatto quegli involucri? Su quelle aree dismesse, però non tutto è andato perduto, nonostante il PRG Piccinato del 1964, approvato nel 1971, ne prevedesse la trasformazione in “zona residenziale”. Molte di quelle fabbriche sono state rimesse nel ciclo produttivo, sia pur in modo diverso, evitando la tentazione di trasformarle in grossi centri commerciali o altri usi per immediate speculazioni. Molti edifici esistono ancora a testimoniare quella memoria, anche se il loro riutilizzo non sempre è stato rispettoso di quei luoghi. Ne riportiamo solo alcune immagini a caso, lasciando a chi legge di poterle ripensare nei loro usi passati e in quelli attuali. Tante altre industrie, invece, sono sparite sommerse dai soliti e anonimi condomini di 7/8 piani. Comunque inutile e dannoso sprecare altro suolo libero, cancellando, anche lì, la storia e le tutele della città.

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Gli autori di Vorrei
Giorgio Majoli
Giorgio Majoli

Nato nel 1951 a Brescia, vive a Monza dal 1964. Dal 1980 al 2007, ha lavorato nel Settore pianificazione territoriale del Comune di Monza, del quale è stato anche dirigente. Socio di Legambiente Monza dal 1984, nel direttivo regionale nei primi anni ’90 e dal 2007, per due mandati (8 anni). Nell’esecutivo del Centro Culturale Ricerca (CCR) di Monza dal 1981. Ora pensionato, collabora come volontario, con associazioni e comitati di cittadini di Monza e della Brianza, per cercare di migliore l’ambiente in cui viviamo.Qui la scheda personale e l'elenco di tutti gli articoli.