No alla privatizzazione di STM

Il governo Letta ha intenzione di privatizzare aziende sane, dove ci sono persone capaci di fare, di progettare, di costruire, aziende che rischiano di essere non vendute ma svendute. Tra di queste c'è anche STMicroelectronics, un'azienda italo francese,  con più di 10 mila dipendenti che opera in un settore strategico per il paese.

La vendita di queste aziende, tutte concentrate in settori chiave, dovrebbe portare nelle casse dello Stato tra i 10 e i 12 miliardi di euro.

Senza politiche industriali, che non escludano anche accordi con altri gruppi internazionali, si rischia un processo di dissolvimento di alcuni centri industriali, e la loro rilocalizzazione in aree forti del nord Europa.

In assenza di una politica industriale le aziende attive in settori chiave dell'industria pesante e delle tecnologie avanzate, si concentreranno nel nord Europa, in quelle zone, dove le esternalità economiche (professionalità, offerta di beni intermedi e spillover di conoscenza) sono maggiori. Mentre il nostro Paese sarà lasciato libero di specializzarsi in settori ad alta intensità di lavoro, bassa intensità tecnologica e basso valore aggiunto.

Privatizzare per fare cassa è sbagliato. In primo luogo perché su un debito pubblico di oltre 2000 miliardi il ricavato di un’eventuale vendita avrà un'incidenza pari a meno dello 0,5%. E poi perché ci sono altri modi per ridurre il debito, e contemporaneamente incentivare settori strategici come quello dell'ICT e della microelettronica. 

Secondo un recente studio* della School of Management del Politecnico di Milano gli investimenti per la realizzazione dell'Agenda Digitale genererebbero, in termini di minori costi e di maggiore efficacia, un valore complessivo di 35 miliardi per lo Stato e per le imprese.

A beneficiare dell'operazione sarebbe tutta la filiera dell'ICT, da chi produce e commercializza circuiti integrati e dispositivi discreti, a chi produce sistemi di gestione per reti terrestri, apparati per telecomunicazioni ottiche su fibra, apparati di trasmissione radio a microonde, per finire con chi scava le buche e installa le antenne. Ogni euro d’investimento nel settore ICT, scrivono i ricercatori del Politecnico, genera un incremento sul PIL nazionale pari a 1,45 euro.

Oltre a tutto questo, la vendita di quote di STM, anche se in minima parte, genererà uno squilibrio del principio di pariteticita' tra Italia e Francia, favorendo gli investimenti verso i cugini francesi e mettendo una seria ipoteca sul futuro di quest’azienda, dove la tenuta tecnologica è l'unica strategica per affrontare e vincere concorrenza internazionale.

                       Angela Mondellini        

Segretario Generale Fiom Cgil Monza e Brianza. 

* Osservatorio Agenda Digitale Italia.