Cari studenti e cari genitori,

vorremmo provare a spiegarvi i motivi che ci hanno fatto scegliere di scioperare il 5 maggio 2015 e a bloccare prima le prove INVALSI e poi gli scrutini di fine anno

Questa è una lettera un po' lunghetta, ma tanti e complessi sono i problemi e noi vorremmo provare a spiegarvene alcuni.

Ci piacerebbe vi fosse chiaro che non siete voi la nostra controparte.

Lo sapete bene, quando si protesta si perde lo stipendio di quella giornata o si hanno le trattenute orario come nel caso del blocco degli scrutini; quindi chi decide di scioperare è come se pagasse direttamente per manifestare il proprio disaccordo.
Sui volantini e sui Siti internet dei Sindacati scuola potrete trovare i motivi dello sciopero e noi protestiamo per quei motivi ma anche perché crediamo che le proposte del Governo Renzi, in discussione in questi giorni, siano contrarie a quelle necessarie a creare davvero una “Buona scuola”.

Infatti, se verranno approvate le proposte presentate, il senso della scuola pubblica (così come previsto dalla nostra  Costituzione) verrebbe completamente alterato.
In questa lettera non vi parleremo di come potrebbe cambiare il nostro lavoro, ma di come potrebbe cambiare la scuola per le famiglie e per gli alunni.

Vi sarete accorti che, da qualche anno, chi parla di scuola lo fa come se parlasse di un negozio, di un’azienda, di una fabbrica. Ci sono le “offerte” formative, si cerca di “risparmiare” razionalizzando, i responsabili sono i “dirigenti” e non più i presidi, le scuole si fanno “pubblicità” sui giornali, i “profitti” degli alunni sono valutati con i test; perfino il termine “competenza” è spesso avvicinato al significato della “competizione”, cioè di una gara, e non interpretato nel suo senso originario che è “andare insieme” o ancor meglio “arrivare tutti e tutte ad uno stesso punto”.
È molto importante fare attenzione alle parole che si usano e che vengono usate.

La scuola non è un supermercato o un’azienda dove ognuno può essere illuso dalla pubblicità e poi comprare ciò che desidera; “la scuola è un Organo costituzionale “ che ha il compito di istruire facendo acquisire conoscenze e competenze, di far crescere e formare cittadini valorizzando la loro persona nel rispetto delle differenze e delle identità di ciascuno e di ciascuna.
La nostra Repubblica ha il compito di “dettare le norme generali sull’istruzione ed istituire scuole statali per tutti gli ordini e gradi.”
Questi compiti
assegnati alla scuola pubblica sono costosi, sia nel senso economico che dell’impegno ma, come recitava uno slogan di qualche anno fa, l’ignoranza costa molto di più.
I costi per mantenere la scuola sono pagati dalle tasse che ciascuno dei cittadini italiani paga.

Quando si legge sul piano della “Buona Scuola” che “Le risorse pubbliche non saranno mai sufficienti a colmare le esigenze di investimenti nella nostra scuola” vuol dire che non ci saranno maggiori investimenti pubblici, ma che si chiederanno soldi ai privati cittadini. In definitiva le famiglie, che già contribuiscono in maniera importante, pagheranno molto di più anche perché sul piano della cosiddetta “Buona Scuola” sono previsti: l’entrata di “sponsor” che condizioneranno i programmi ed i piani dell’offerta formativa e il finanziamento delle scuole private.

In televisione è stato detto che sarebbero stati assunti molti insegnanti precari che avrebbero risolto il problema dei supplenti; poi però, quando è stato il momento giusto per assumerli, il Governo non lo ha fatto.
In televisione è stato detto che è ridicolo che qualcuno protesti contro un governo che assume gli insegnanti precari ma non si è detto che, in realtà, il nostro Paese è stato condannato dalla Corte di Giustizia Europea ad assumerli perché erano già stati impiegati per il periodo giusto a maturare il loro diritto di lavorare stabilmente.
In televisione non si dice che l’integrazione degli alunni con disabilità sta per assumere un carattere sempre più sanitario e meno scolastico; in tal modo il personale di sostegno sarà sempre di meno, i centri specializzati sempre di più e si realizzerà quel processo di separazione fra alunni cosiddetti normali ed altri cosiddetti con “Bisogni Educativi Speciali” .

È facile prevedere cosa accadrà nel giro di pochi anni: si moltiplicheranno le scuole private per chi potrà permettersele, si creeranno le scuole pubbliche di lusso nei quartieri bene delle città e si moltiplicheranno le scuole pubbliche senza risorse e senza speranza nei quartieri popolari e nelle periferie. Scuole di serie A e scuole di serie B, scuole per ricchi e scuole per poveri. Un salto indietro di decenni. Cresceranno le disuguaglianze in modo drammatico, di nuovo accadrà che i figli dei dottori faranno i dottori mentre i figli degli operai faranno gli operai o, molto più drammaticamente, saranno condannati ad un lavoro precario a vita se non ad una lunga disoccupazione.

Non è una “buona scuola” quella nella quale si creeranno sempre più momenti di separazione, di competizione, di conflittualità; non lo è quella dove le decisioni verranno condizionate dalle aziende; non lo è nemmeno quella dove le “buone scuole” saranno finanziate solo se le stesse otterranno un buon risultato nei test; non lo è infine quella dove il contributo dei genitori è più alto dei contributi statali.
È contro questo simile progetto di scuola che manifestiamo il nostro dissenso.

Noi pensiamo che una buona scuola sia quella dove ci sono edifici sicuri, dove le classi siano composte da un massimo di 24 alunni, dove si impara insieme sentendosi attivamente parte di una Comunità, dove si lavora in modo cooperativo, dove si sperimentano concretamente forme di democrazia.
Nel bellissimo film “Gli anni in tasca” di Francois Truffaut il maestro Richet parla ai suoi alunni, prima delle vacanze, dicendo loro: “Il mondo non è giusto e forse non lo sarà mai, ma è necessario lottare perché ci sia giustizia,  bisogna farlo: le cose cambiano, ma lentamente; le cose migliorano, ma lentamente…. E i cambiamenti si ottengono solo reclamandoli energicamente…”
Crediamo in queste parole come crediamo in un’altra scuola e quindi in un’altra società: solidale, inclusiva, pacifica.

Non investire sulla scuola è grave per il futuro dei vostri e dei nostri figli.

I veri problemi della scuola andrebbero affrontati seriamente garantendo partecipazione, dialogo, confronto, ascolto, rispetto delle persone, delle loro capacità, abilità e competenze.
Siamo a disposizione per confrontarci con chiunque lo desideri e per eventuali richieste di materiale utile ad una corretta informazione.

Ringraziandovi per l’attenzione, Vi chiediamo di aiutarci a difendere la vostra scuola, la nostra scuola.

Gli insegnanti delle Scuole di Limbiate in lotta