Si apre il sipario, si vede una giornata di vento e sullo sfondo mulini che ruotano vorticosamente e gemono come anime del Purgatorio.
DULCINEA
Monologo per voce recitante e sospiri
Terza parte
Si apre il sipario, si vede una giornata di vento e sullo sfondo mulini che ruotano vorticosamente e gemono come anime del Purgatorio.
Appare Dulcinea, ha in mano una girandola di carta colorata.
I mulini a vento! Capitolo dei mulini a vento. Sono corsa là dove lui giace nell’erba tutto ammaccato. Soffia un vento terribile, è difficile parlare. Gli dico: “Non sono giganti, sono mulini a vento.” “No, sono giganti e il più feroce è il gigante Briareo.” “Sono mulini a vento” Lui scuote la testa :”Sono giganti.” Vi è mai capitato di essere in fondo a un pozzo e di non riuscire più a venirne fuori? “Se quelli sono giganti io chi sono?” “La mia regina.” Cosa posso fare, picchiare la testa contro il muro? L’ho lasciato là, nel vento che urla e torce i mulini come fili d’erba. Ora sono qua, in questo teatro per raccontarvi la verità. Lui non ama me. Ama i suoi libri, la sua follia. Ma io devo fingere che mi ami. “Don Chisciotte spiegami chiaro e tondo, il dritto e il rovescio di come mi ami.” Lui non risponde se non con qualche strafalcione che gli mette in bocca il signor Cervantes: ”Non c’è in tutto il mondo più avvenente donzella della imperatrice della Mancia, la impareggiabile Dulcinea del Toboso. Lei è bella, strabella, pulcra, dolce, salata, lei canta, balla, fa la giravolta, frigge il pesce, pela le patate, ronza con le mosche, solfeggia con gli uccelli, fischia col vento. asciuga il mare, accende le stelle, soffia le nuvole…basta, basta, por favor, por favor…lei è la mia regina!” Regina? Regina delle mie ciabatte! Ma facciamo un gioco di carte. Ecco il mazzo. Prendo una carta. Regina di cuori. Avete visto? Io sono la regina di cuori. Un’altra carta. Asso di picche. Più funesto di così. Lui è l’asso di picche: il cavaliere dalla triste figura. Ora rimettiamo le carte nel mazzo. Mischio, mischio e rimischio. Attenzione, non ci sono trucchi. Pesco una carta, una carta a caso. Sette di fiori. Il sette di fiori è l’amore. L’amore vero, quello col cuore in gola e le ali ai piedi. Sì, sì…mi tolgo la camicia e metto le ali. Don Chisciotte apri le braccia, arrivo, sono da te, accarezzami, baciami, dammi fuoco, spargi al vento le mie scintille… Ma lui è un rebus, inforca gli occhiali e caccia la testa nei suoi libroni: requiem aeterna! Anch’io sono un enigma. Chi è il più matto, io o lui? Se io non ci fossi lui non sarebbe matto. E se lui non ci fosse io sarei la più oca del mondo, sposa rassegnata di un sarto o di un fabbricatore di candele. Vi immaginate Don Chisciotte sarto o candeliere? La sua follia sono io.
Cala il sipario mentre si spengono le luci del teatro. Gli spettatori restano al buio, smarriti.
Si alza il sipario mentre la voce di una maschera sussurra al pubblico: “Ancora un poco di pazienza, siamo all’ultimo capitolo.”
Entra in scena Dulcinea con il capo coperto di cenere.
Presto, presto, prima che arrivi il prete. Don Chisciotte non ce la fa più. Don Chisciotte muore. Sono passate più di mille pagine di libro. La penna del senor Cervantes si è seccata. Senor Cervantes ti prego, ancora qualche pagina. Io sto arrivando per l’ultimo saluto. A piedi attraverso tutta la Spagna. Cammino cammino. Il sole a picco, la luna che abbaglia. Cammino senza mai fermarmi. “Senorita, senorita un bicchiere d’acqua?” “No, grazie, devo andare.” Un giorno c’è il sole, un altro giorno piove. Dov’è la Mancia? Chi sa dirmi la strada per la Mancia? Un giorno c’è vento, un giorno tuona. Chi sa dirmi la strada per la Mancia? Cammino cammino cammino… “Senorita, vuoi salire sul mio cavallo?” “Grazie caballero, devo andare a piedi, è il mio destino.” “Che destino senorita?” “Il destino di don Chisciotte che muore senza di me.” “Brutto destino, senorita.” “Così ha scritto il senor Cervantes. Don chisciotte non mi ha mai vista e mai mi vedrà.” “Brutto destino senorita.” “Non importa caballero. Io non sono vera, io sono un sogno.” “Brutto sogno senorita, i sogni non si abbracciano.” “Neppure Don Chisciotte mi ha mai abbracciata.” “Peccato senorita tu devi essere come il mare.” “Ben detto caballero, se abbracci il mare vai a fondo. Addio caballero!” “Addio senorita.” Basta, sono stanca. Qui c’è un paese, mi fermerò per un momento di riposo. “Senor, che paese è questo?” “Senorita questo non è un paese, questo è il mondo.” “Ah bene…il mondo. Qui c’è un mercato?” “Si senorita, è un gran mercato, si vende di tutto, verdura, pesce fresco, carne salata.” “E in quel banco laggiù, cosa vendono?” “Là… là vendono libri.” Mi venga un colpo! “Eih libraio, che libri vendi?” “Libri di ogni genere.” Mi venga un altro colpo, libraio “Anche libri di cavalleria?” “Certo senorita, anche libri di cavalleria.” “C’è il Don Chisciotte del senor Cervantes?” “Ne ho una copia, Senorita. E’ un vecchio volume squinternato.” “Quanto vale?” “Poco, pochissimo. Mancano le ultime pagine.” “Quanto vale?” “Dammi mezza pesetas.” “Solo mezza pesetas?” “Mancano le ultime pagine, mezza pesetas va bene” Le ultime pagine le ho io, chiuse dentro il cuore. Rispettabile pubblico, le ultime pagine del Don Chisciotte sono nel mio cuore.
Cala il sipario.
Fine.