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"Oggi è il nono mese che sono in cassa integrazione straordinaria, anticamera del licenziamento, nono mese con la mente ostaggio dei pensieri più cupi"

Riceviamo e pubblichiamo

Sbadiglio con la città quando suona la sveglia in questa ultima mattina di Agosto. In casa la solita confusione da risveglio multiplo; camera, bagno, cucina, i percorsi di tutti si intrecciano nel copione del mattino. Un'ora di ordinaria preparazione alla vita, con il pensiero proiettato al resto della giornata. Fuori ci aspetta la comunità, il nostro senso dell’essere, del partecipare, del vivere, pronti a confonderci e a fonderci con gli altri. Il momento dei saluti mi riporta però improvvisamente in una realtà diversa, “io non devo uscire presto”  ricordandomi tristemente il mio vivere da cassaintegrato, il mio essere svuotato di significato, lontano dalla città, dal quotidiano. Chiudo la porta in una realtà capovolta, non sono in strada a litigare con il traffico, non sono diretto in ufficio pensando ai problemi della giornata; sono in casa, e la mente va.
A farmi uscire dai pensieri ci pensa come al solito la mia gatta, miagola nervosamente, non ha ancora digerito questa mia presenza che le impone la condivisione dello spazio fino ad ieri suo regno indiscusso. Con un po’ di carezze la convinco che non è poi così male condividere l’appartamento, così se ne ritorna a dormire come da abitudine sul letto in camera di mia figlia.
Oggi è il nono mese che sono in cassa integrazione straordinaria, anticamera del licenziamento, nono mese con la mente ostaggio dei pensieri più cupi. Decine di domande di lavoro senza risposta, decine di colloqui con giovani intervistatori che faticano a nascondermi il mio essere vecchio, non più collocabile. Da circa un mese ho deciso di annullare la mia professionalità, buttarla via, prenderò in considerazione qualsiasi cosa senza scartare niente. Siamo rimasti in molti a casa e si sgomita parecchio per uscire. Una guerra nascosta fra disperati disposti a rinunciare alla propria dignità, difesa per molti anni, per poter essere di nuovo dei lavoratori. Pronti a svendersi per un diritto. L’indennità di cassa integrazione tarda ad arrivare, quest’anno non ho ancora portato a casa un euro. E’ una situazione terribilmente scandalosa e pare che non arriverà niente prima della fine del mese. Anche per la liquidazione dovrò aspettare ancora molto tempo. Oggi sono a pezzi. La mia famiglia sembra lontana, quasi non mi appartenesse più, come se io fossi un ospite, con quella meravigliosa donna che si è rimboccata le maniche e si fa in quattro cercando di non farmi mancare nulla, di non farmi sentire un nulla. Ma c’è dell’altro. Lo devo dire, lo voglio dire. C’è che la mia unica figlia è disabile dalla nascita. Per noi genitori è sempre stata l’essenza della famiglia, tanto abbiamo dato ma anche tanto abbiamo ricevuto. La nostra storia non è una storia speciale ma una storia di gente comune dove ti giochi la scommessa sul futuro, il suo futuro. Ora tutto è fermo e la scommessa quasi persa. Nella domanda che tutti i giorni mi rivolge: “oggi papà cosa fai?” c’è tutta l’angoscia e la semplicità di chi capisce che il lavoro di papà non c’è più e la beata ignoranza di non comprendere le difficoltà economiche di una famiglia da sempre monoreddito. Com’è grande e forte la mia stellina nel suo affrontare la vita quotidiana piena di barriere culturali. Mi si chiude lo stomaco nel pensare di non riuscire più a combattere per lei. Intanto penso agli anni spesi in politica nel tentativo di cambiare le cose, di innestare una rivoluzione culturale per bonificare tutte le situazioni che compromettono l’integrazione dei soggetti più deboli. Oggi purtroppo sono anch’io nella situazione di soggetto debole e mi rendo conto dell’immobilismo della politica. Il mio essere portavoce di un circolo del PD di Monza mi crea imbarazzo. Mi vergogno di questa politica lontana dalla realtà chiusa in un bolla virtuale dove tutto si confonde, si mischia, si nasconde per tornare poi più grassa e arrogante di prima. Ho 54 anni, di cui 32 di lavoro, trascorsi cercando di essere un bravo cittadino nel rispetto della legge e degli obblighi fiscali. Dopo nove mesi senza stipendio fatico a pensare che nulla è cambiato nel mio rapporto con le istituzioni. La città, che io considero la forma di governo più vicina ai cittadini, non può far finta di nulla e pretendere che io continui ad essere un bravo cittadino. Non è pensabile che la terza città della Lombardia non promuova forme di intervento a sostegno del reddito dei cassa integrati. Il silenzio di tutta la politica monzese è allarmante.
Con il mio circolo avevamo proposto un documento con una serie di interventi di riduzione temporanea della fiscalità cittadina (tassa rifiuti, mensa scolastica, servizio trasporti, obblighi di revisioni caldaie) e interventi diversi (buono farmaci, libri scolastici, intervento mutui casa, ecc). Nulla di tutto questo. Se vuoi qualcosa devi presentare l’ISE, certo quello dello scorso anno, lavoravi bene, allora niente. Ma io ho bisogno adesso non il prossimo anno. E intanto la televisione ripete il solito ritornello “nessuno sarà lasciato indietro”. Incrocio lo sguardo di mia figlia e abbasso gli occhi. Comincio a scrivere, comincio a reagire.