20150206 The Imitation game
Cinema. Alan Turing: una figura straordinaria magistralmente portata sul grande schermo dal film di Morten Tyldum The imitation game. Pensiero della differenza e capacità di vedere le cose da un'altra angolatura.

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on esiste nulla di lineare, nessun processo è privo di un codice, di una cornice, di una struttura che consente di decifrarne i messaggi. Ma delle strutture più consuete ci dimentichiamo.
Alan Turing aveva una certa difficoltà a comprenderle. Ad acquisire la consuetudine. Ad afferrare ciò che consideriamo normale. Questo gli permetteva di cercare le strutture. E di trovarle. La difficoltà ad acquisire gli schemi, le strutture, le regole non scritte che regolano usi, costumi e che determinano la comprensibilità dei nostri scambi quotidiani, delle relazioni, dello stesso linguaggio, è la stessa ragione che gli permetteva di cercare queste strutture, di capirle, analizzarle, decifrarle, fino a coglierne la logica e a teorizzare e in parte realizzare l'intelligenza artificiale.
Pensiero è pensiero della differenza. E capacità di vedere le cose da un'altra angolatura. Ma di più. E' capacità, e dannazione, di vedere la cornice, il contesto del testo, di porsene fuori. E la difficoltà di starci dentro quando lo si vede da fuori.
Tutto questo è Alan Turing. Una figura straordinaria che ho scoperto qualche anno fa e che viene magistralmente portato sullo schermo dal lavoro di Morten Tyldum "The imitation game". Il resto sono un incrocio interessante di linee temporali, una ricostruzione affascinante del momento più buio della storia recente, il codice Enigma con cui i nazisti cifravano i messaggi per dare ordini ai loro sottomarini, la difficoltà di accettare gli altri che rendeva l'omosessualità un reato perseguibile nell'Inghilterra degli anni '50, segreti militari, la sovrapposizione tra il lavoro segreto dei geni della crittografia  di Bletchley Park e quello degli scontri violenti della guerra più tecnologica che si sia combattuta, aerei, navi, carri armati, sommergibili. In uno e nell'altro scenario inizia la guerra delle macchine.
Un destino beffardo è protagonista della svolta della vita di Turing (e della salvezza di 14 milioni di vite) come della sua rovina. Lo stesso caso che domina nel Match Point di Woody Allen, il cui ruolo i matematici conoscono così bene.
La difficile relazione tra la logica e le emozioni, e l'impossibilità, l'illusorietà, l'approssimazione di qualunque giudizio, che prova a chiudere nel codice binario del bene e del male, del bianco e del nero, l'irriducibile complessità della vita, del pensiero, delle infinite variabili. Fino allo splendido caleidoscopio intrigo che confonde verità è menzogna, anch'esse prodotti di una logica, di un sistema, e indecifrabili al di fuori di questo, tanto nello schema vincente di una straordinaria pagina della storia quanto nella quotidianità della vita.

Gli autori di Vorrei
Roberto Rampi
Roberto Rampi

Roberto Rampi ha iniziato la sua attività culturale con l'associazione giovanile Fonendoscopio, organizzando per otto anni concerti, eventi e manifestazioni. Ne ha fatto un professione lavorando nel managment musicale, tra gli altri con Roberto Vecchioni e Eugenio Finardi, e nella comunicazione e valorizzazione dei beni culturali. Si è occupato di comunicazione istituzionale e politica. È studioso e appassionato di filosofia ermeneutica. Oggi in commissione cultura alla Camera dei Deputati per il Partito Democratico, è stato prima consigliere comunale, poi vicesindaco e assessore alle politiche culturali, partecipazione e politiche giovanili del Comune di Vimercate. È presidente del Sistema Bibliotecario Vimercatese. Per quattro anni è stato membro della segreteria regionale del PD Lombardo e prima di quella provinciale di Milano, poi di Monza e Brianza.

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