Un saggio più noto con il titolo dell’edizione originale americana: Nudge. Gli autori sono due professori universitari: Cass R. Sunstein e Richard H. Thaler, premio Nobel per l’economia nel 2017
Capita assai raramente che un libro possa diventare oggetto di discussione politica in una campagna elettorale, perfino se confinato in una qualche citazione secondaria. In Italia ciò non si è mai verificato, almeno a mia memoria. Negli Stati Uniti è successo almeno tre volte.
La prima quando uscì nei primi anni 70 il celebre studio I limiti dello sviluppo (un rapporto che di recente è tornato d’attualità dopo anni di oblio); la seconda negli anni 80 con il saggio, suggestivo e profetico, di Paul Kennedy intitolato Ascesa e declino delle grandi potenze, che prefigurava il declino dell’URSS e il declino – oggi ancora relativo, tuttavia netto e innegabile – degli Stati Uniti a favore di altre nazioni; l’ultima volta – ed è quella che interessa noi – è stata poco più di una decina di anni fa e ha accompagnato l’elezione di Barack Obama alla carica di presidente degli Stati Uniti.
Il titolo del saggio è La spinta gentile, ma forse è più noto con il titolo dell’edizione originale americana: Nudge. Gli autori sono due professori universitari: Cass R. Sunstein e Richard H. Thaler (quest’ultimo è stato insignito del premio Nobel per l’economia nel 2017).
Avverto subito che il testo, giustamente celebre, potrebbe apparire nelle prime pagine anche banale, ma in realtà è carico di insidie che vengono fuori man mano nel corso dei capitoli.
Il saggio sostiene due tesi in particolare.
La prima tesi è che ”caratteristiche apparentemente trascurabili delle situazioni sociali possono avere un effetto sostanziale sul comportamento individuale.”
Un esempio, spesso citato, è quello delle mense scolastiche. Vi renderete certamente conto tutti senza che debba supportare l’esempio con dati di ricerche sperimentali – che, a scanso di equivoci, sono state comunque compiute – che la maniera di disporre e di presentare gli alimenti influisce sulle scelte dei bambini. Mettere per esempio un certo alimento piuttosto che un altro ad altezza degli occhi ne aumenta il consumo; cosa che d’altronde sanno bene coloro che organizzano gli scaffali dei supermercati (a proposito, avete mai notato che nei supermercati si gira sempre in senso antiorario? È una scelta ben precisa per mettere le cose a comoda portata della mano destra).
Mettere un alimento piuttosto che un altro ad altezza degli occhi dei bambini è definito da Sunstein e Thaler “nudge”, cioè spinta gentile, pungolo, un qualsiasi aspetto della presentazione delle scelte che condizioni il comportamento degli individui senza vietare però alcuna possibilità. Ritorneremo su quest’ultimo aspetto più avanti.
Fin qui è tutto facile e siamo tutti d’accordo.
Su un altro punto siamo tutti d’accordo, ed è che in ogni caso – che siano patatine fritte o insalata – ci sarà sempre un alimento ad altezza degli occhi dei bambini, che godrà quindi di questo vantaggio strutturale e che verrà pertanto consumato di più.
Insomma: i pungoli sono ovunque e l’architettura delle scelte è inevitabile – non c’è una scelta senza contesto – ed essa influenza enormemente le nostre scelte.
Che fare, dunque? Mettere ad altezza d’occhi le patatine fritte o l’insalata? Sembra una sciocchezza, ma non lo è. Non esiste una soluzione neutra.
La questione inoltre ha una portata molto maggiore di una mensa scolastica. Come abbiamo detto, i pungoli sono ovunque, e con “ovunque” intendiamo proprio in ogni circostanza o quasi della vita. Al supermercato, certo, ma anche sulla scheda elettorale dove il primo simbolo in alto a sinistra gode di un vantaggio di circa 2 punti percentuali rispetto agli altri simboli. Ma li incontriamo, ed una questione che ha infiammato il dibattito negli Stati Uniti e che vale miliardi di dollari, anche nei piani pensionistici proposti dalle aziende ai propri dipendenti, dove l’opzione di default – l’alimento ad altezza degli occhi – è quasi sempre la più scelta, così come nei piani sanitari.
A questo proposito è bene ricordare che gli individui hanno una forte predisposizione ad accettare l’opzione di default. Un caso clamoroso è quello della donazione degli organi: in Germania – dove l’opzione di default è “non donatore”, e una persona deve esplicitamente dichiarare di voler essere donatore – i donatori sono il 12%; in Austria, un paese linguisticamente e culturalmente affine alla Germania – ma dove l’architettura delle scelte prevede come opzione di default “sono donatore” e una persona deve dichiarare esplicitamente di non voler essere donatore – i donatori sono il 99%.
Gli individui hanno inoltre una forte predisposizione a essere guidati dall’inerzia: è stato per esempio notato che una volta che si è scelto un piano pensionistico all’inizio della carriera lavorativa, poi si tende a non cambiarlo più qualsiasi cosa accada. Ma anche il rinnovo automatico di abbonamenti a riviste ne è un altro esempio comune.
Chi decide quale sia l’opzione di default di un piano pensionistico o l’alimento ad altezza degli occhi in una mensa scolastica viene chiamato dagli autori “architetto delle scelte”, cioè colui che progetta l’ambiente in cui un individuo muoverà le proprie scelte.
Quali precetti dovrebbero seguire questi architetti delle scelte è invece una questione ancora aperta.
La seconda grande tesi portata avanti dal libro è strettamente legata alla prima tesi ed è una difesa del “paternalismo libertario”: gli architetti delle scelte possono contemporaneamente pungolare gli individui in direzioni che migliorino la loro vita (aspetto paternalistico) e difendere la libertà di scelta degli individui (aspetto libertario).
Secondo Sunstein e Thaler la soluzione ideale in una mensa scolastica sarebbe questa: ad altezza d’occhi andrebbero messi i cibi salutari, ma non andrebbero vietati – ribadisco: non andrebbero vietati – i cibi spazzatura. In questo modo verrebbe promossa la salute pubblica, ma verrebbe garantita la libertà di avere comportamenti anche autolesionistici.
Se ci suona strano e un po’ surreale discutere quali debbano essere i cibi da mettere in bella vista in una mensa, sicuramente più serio e complesso è discutere quali debbano essere i nudge nel sistema sanitario. Da qui in poi il saggio diventa difficile da seguire, ma è comunque interessante da leggere perché ci dà modo per esempio di avere qualche conoscenza in più in merito al sistema sanitario americano, che è meno spietato di quanto una cattiva pubblicistica riporti in Italia.
Gli antipaternalisti, che possiamo grossomodo collocare nell’ala destra del partito repubblicano (ma non generalizziamo, è tanto per capirci), partono da premesse ideologiche che, secondo gli autori, non reggono a una seria indagine di psicologia comportamentale.
Un primo presupposto ideologico è quello secondo cui gli individui compirebbero sempre scelte che sono nel loro interesse.
In realtà ricerche scientifiche hanno dimostrato in modo convincente che tutti noi abbiamo un basso grado di razionalità. Inoltre è stato dimostrato che siamo estremamente conformisti, cioè seguiamo il gregge e ci comportiamo come se gli altri ci guardassero sempre (ed è per questo motivo che uno dei pungoli più utilizzati, specialmente nel campo della pubblicità, è quello di comunicare quello che sta facendo la mggior parte delle persone: “nove donne su dieci scelgono….”).
Un altro presupposto ideologico smascherato dagli autori è quello secondo cui – seguendo in ciò l’ultraliberismo stile anni 80, allergico a ogni forma di restrizione pubblica – la possibilità di trovare un prodotto adatto alle proprie esigenze sarebbe direttamente proporzionale alla libertà di scelta, e ogni tentativo di regolamentazione minerebbe la libertà di concorrenza con i suoi corollari di abbassamento costi e di spinta alla competizione sui prodotti.
Anche questo presupposto ideologico non ha retto alle analisi sul campo: qualche fondo pensione era per esempio arrivato davvero a proporre 200 opzioni possibili di piano pensionistico, ma è stato dimostrato che la possibilità di scelta in un caso come questa era solo ipotetica perché gli individui tendevano ad accettare l’opzione di default. Qualunque essa fosse, anche una palesemente non conveniente.
Il saggio dunque è stato molto discusso perché la conclusione che se ne trae è che, anche in un contesto di libero mercato, un robusto intervento pubblico è inevitabile. In Italia sono conclusioni che non destano stupore, ma negli Stati Uniti – paese con una radicata tradizione liberista e antiautoritaria – non è così.
Il saggio entrò nel dibattito politico poiché dava sostegno scientifico alle scelte di Barack Obama, la cui elezione era avvenuta in un contesto in cui si era reso inevitabile l’intervento dello Stato – cosa assolutamente inconsueta negli stati Uniti – per salvare parte del settore bancario e parte del settore auto con il suo enorme indotto.
Richard H. Thaler, Cass R. Sunstein, La spinta gentile, Feltrinelli, 285 pp. 10,00 euro