Intervista all'autore di Il mare intorno all’isola, il cui prossimo romanzo sarà ambientato a Monza: «Una storia che dipinga tutti quei luoghi significativi che ne fanno una città unica al mondo e tocchi anche quei vizi e quelle virtù dei quali un monzese vero non saprebbe proprio fare a meno.»
“Monza ha il suo fascino indiscusso, con le sue architetture controverse e una storia millenaria casualmente sparpagliata”, il luogo perfetto, secondo Michele Fierro, per una trama “attraversata dal mistero, che dipinga tutti quei luoghi significativi che fanno di Monza una città unica al mondo e che tocchi anche quei vizi e quelle virtù di cui un monzese vero non saprebbe fare a meno”. L’autore, monzese d’adozione, ha pubblicato con le Edizioni Convalle il suo primo romanzo “Il mare intorno all’isola”, dove il mare è quello greco, ma a quanto pare, rinunciando al “suo amato mare”, il prossimo lo sta ambientando a Monza ed è già in preparazione.
Da un corso di scrittura ad un romanzo. Ma allora può succedere? Lei ne è un esempio. Come è successo?
Scrivo da sempre, è stata una valvola di sfogo, un modo per “prendere appunti” e liberare spazio nella memoria. Tuttavia si trattava di un esercizio che facevo più per me stesso che per altri: racconti, aforismi, monologhi, canzoni e poesie sono rimasti poco più che lettera morta finché non mi sono imbattuto in Stefania Convalle. La chiave di volta è stata certamente l’incontro con lei che, oltre che autrice di romanzi e poesie, nel 2015 ha realizzato a Monza la prima edizione del Premio Letterario “Dentro l’Amore”. Ho partecipato con una poesia e un racconto breve entrando nei finalisti in entrambe le sezioni. Ho conosciuto così Stefania, iniziando a frequentare i suoi corsi di scrittura creativa per smussare un po’ di quegli spigoli fastidiosi che la mia scrittura tendeva ad avere. Il risultato ottenuto ha strabiliato me per primo. E’ merito soprattutto di Stefania se mi sono “costretto” a scrivere un romanzo per intero. Così che è nato “Il Mare Intorno all’Isola” che si è classificato primo nella sua categoria all’ultima edizione del Premio “Dentro l’Amore” e che la stessa Edizioni Convalle ha poi pubblicato.
Lo avrebbe immaginato, quando si è iscritto?
Sinceramente no. Non credevo che avrei saputo arrivare fino a qui, per fortuna mi sbagliavo. Certo, avevo le mie aspirazioni, come tutti, ma, pur nel pieno della massima presunzione, una cosa sono i sogni e un’altra è la realtà. Non sono in generale un tipo sobrio, ma credere nei propri mezzi non basta, è necessario avere qualcosa da dire per poterlo dire nel migliore dei modi.
Come è stato passare dai racconti ad un romanzo?
Non è stato difficile. In genere la cosa può sembrare la prova di aver acquisito maggiori capacità ma per me, che ho una patologica incapacità di sintesi, scrivere racconti brevi risulta decisamente complicato. La scrittura di un intero romanzo dà certamente la possibilità di utilizzare un ritmo diverso, in senso assoluto, o addirittura di poterlo variare in corso di narrazione.
Cosa le piace dello scrivere racconti e cosa dello scrivere romanzi?
Scrivere racconti brevi è certamente più difficile ma hanno il loro fascino e rappresentano una sfida avvincente per chi li scrive. Obbligano la penna a tracciare segni rapidamente distinguibili, a ricavare colori da ogni singola parola e, soprattutto, a tenere alta tensione e attenzione in poche righe. Quando si riesce, la soddisfazione per averlo fatto è senza pari. Dello scrivere un romanzo amo decisamente la possibilità di allargare l’orizzonte. Arricchire la scena di più personaggi, poter dare loro corpo, anima e voce ti fa sentire parte della storia stessa. Già nel corso della scrittura, prolunga un’emozione che con i racconti dura troppo poco per i miei gusti.
Come mai l’ambientazione in Grecia?
“Il Mare” tratta il tema della felicità cercando di attraversare le strade tracciate dall’amore e dall’amicizia. La storia che avevo in mente aveva bisogno di un’ambientazione il più possibile essenziale, difficile oggi da trovare. Mi serviva un posto che lasciasse il tempo di guardarsi dentro, con meno distrazioni possibili. L’unica cosa certa è che doveva trattarsi di una località di mare. Sono finito su quell’isola greca grazie a un amico e non appena sono sbarcato ho capito che sarebbe stata perfetta per quello che volevo farci succedere.
Come ha scelto i protagonisti del suo romanzo?
Sono persone “di tutti i giorni”. Ho cercato laddove ero certo di non sbagliare, dove ero sicuro di conoscere. Principalmente dentro di me e poi, per altri versi, intorno a me senza spingermi troppo distante, rubacchiando qua e là visi, vissuti e anime.
Il suo preferito e quello con cui non uscirebbe mai a cena?
Sicuramente Kostas: è quello a cui sento di somigliare di più e a cui vorrei somigliare di più. Con Hektor Apostolakis, invece, non andrei nemmeno a bermi un caffè al bar, figuriamoci a cena. Tuttavia, per essere realisti, di Hektor ne incontriamo tanti sulla nostra strada e sarebbe bello poterli evitare tutti.
Ambienterebbe mai un romanzo a Monza e Brianza?
Certamente sì. Vivo in città e ho scelto di viverci io. O forse lei ha scelto me. Monza ha il suo fascino indiscusso, con le sue architetture controverse e una storia millenaria casualmente sparpagliata e a volte incredibilmente sconosciuta ai più. L’aria che si respira mi fa pensare a una trama attraversata dal mistero tendente al “giallo”, qualcosa che possa calzare con precisione le sue strade come fosse un abito di sartoria. Una storia che dipinga tutti quei luoghi significativi che fanno di Monza una città unica al mondo e tocchi anche quei vizi e quelle virtù dei quali un monzese vero non saprebbe proprio fare a meno.
Ad un aspirante scrittore consiglierebbe un corso di scrittura creativa?
Senza ombra di dubbio. Chiunque scriva parte certamente da una base di capacità espressive e di conoscenza. Quello che sfugge è che si finisce per scrivere esattamente come si pensa o come si dice, lasciando colpevolmente trascurato un archivio infinito di emozioni e sensazioni che possediamo e che, per il nostro stesso pudore, abbiamo confinato in fondo alla mente. In un certo senso la scrittura creativa, almeno per la mia esperienza, riesce a scavare sotto quegli strati di polvere dimenticata e accumulata e a riesumare quello che diversamente nemmeno confesseremmo di sapere. È stupefacente scoprire quanto siamo capaci di tenere nascoste le cose più belle, i sentimenti migliori e quelli più veri, soltanto per il timore di scoprirci perfino con noi stessi.