Al netto delle sparate di Sgarbi, irriverente e provocatore da anni e su ogni mezzo, Caravaggio esce protagonista e il pubblico esce con la voglia di conoscerlo meglio. O con l'idea che non è Sgarbi a doverlo e poterlo divulgare?
Nature morte che raccontano il tempo che passa. Il crocifisso appeso nelle scuole italiane: si o no? Fughe in Egitto in cui un angelo impertinente ruba la scena alla Madonna. Il reato di pagare una minorenne per fare sesso "ma se non la si paga, reato non è". Prostitute prese a modelli per portare nei quadri le umane fattezze e le imperfette emozioni che esse esprimono. La presunta assurditá del "derubare la donna dal ruolo di madre" riconoscendo una coppia di omosessuali come genitori di due bambini nati con la maternità surrogata. L'attualità profonda ed indiscutibile di un artista che nel 1951 con una mostra a Milano ha fatto irruzione nel presente guadagnandosi sul campo, e sulle tele, la notorietà e la stima di molti. Anche di chi la storia dell'arte la vede transitare alle scuole superiori e poi la archivia fino a contrordine occasionale. Per apprezzare Vittorio Sgarbi e il suo spettacolo conferenza andato in scena al Teatro Manzoni di Monza venerdì 3 marzo nella rassegna altri percorsi, è stato necessario innescare quel meccanismo con cui il nostro cervello riesce a discernere solo il suono a cui vuole prestare attenzione, anche in un contesto affollato e rumoroso. C'è chi lo chiama "effetto cocktail party", chi ascolto selettivo, nel caso specifico della serata dedicata a Caravaggio, tra gli spettatori si sente parlare di "fare la tara" e di non badare "alle sue sparate" cogliendo invece la qualità del suo sguardo sull'arte e la passione di questo personaggio che ormai più che critico d'arte è un critico a tutto campo, per quadri, opere, artisti e cultura italiana.
"Comunque il teatro era pieno, pieno, e sono venuti a sentir parlare di Caravaggio e di Pasolini" si commenta uscendo dalla sezione galleria da cui ben si vedeva come non ci fossero posti liberi e il pubblico fosse eterogeneo, sveglio e partecipe. Qualche cellulare estratto per una foto e flash estemporanei per immortalare uno Sgarbi in camicia color carpaccio, che racconta come Carpaccio sia un pittore prima che una voce in menu, "ma se si invita cena una 30enne non si può pretendere che lo sappia".
Dopo una serata come questa, si è colti dalla voglia di rispolverare la storia dell'arte andando a visitare sul posto e nelle mostre, i capolavori citati, potendone stavolta cogliere aspetti diversi. E ci si interroga sui modi, sui tempi e sui reali e raggiungibili obiettivi del divulgare cultura. Perché "alla fin fine il teatro era pieno" e questo lo hanno visto tutti come tutti hanno sentito Sgarbi concedersi uscite politiche e provocazioni su morale e religione, nel bel mezzo dell'excursus promesso sulla vita del Caravaggio. Con tanto di imitazione di Umberto Bossi, un "capra" qui e là per chi lo ha in passato contestato e l'appellativo di persona più morta che viva all'attuale presidente della Repubblica Mattarella.
Dato che "tanto si sa che lui fa queste uscite", ci si concentra, ecco l'effetto cocktail party, sulle parti pittoriche, assaporandole e ripetendosele tra sé e sé anche negli stacchi musicali con il violino di Valentino Corvino. La mente e lo sguardo sono attratti sugli elementi e le scelte dirompenti dell'artista che lo rendono più vicino ad oggi e più famigliare anche a chi non frequenta il mondo dell'arte quotidianamente. Nelle pupille restano intrappolate le immagini degli sguardi morbosamente ammiccanti di giovani personaggi di quadri. L'espressione di una Maddalena che emoziona per come "finalmente" è una donna come le altre. I piedi di Giuseppe contratti dall'attrazione trepidante per un angelo impertinente che in una fuga in Egitto si mette in primo piano suonando una ninna nanna per la Madonna, defilata, dormiente, silente. Le imperfezioni di un cesto di frutta che, lasciato unico protagonista di una natura morta, diventa portavoce del trascorrere del tempo nella vita degli uomini. Poi le scene diventano piú scure, Caravaggio è appesantito dal senso di colpa di aver ucciso un uomo di sua mano, e infila il suo volto in un quadro scegliendo di essere non colui che uccide con ragione ma la vittima. Al giustiziere associa una espressione di angoscia, come quella che lui stesso sa che si può provare commettendo un omicidio. Al netto delle sparate di Sgarbi, irriverente e provocatore da anni e su ogni mezzo - tv, giornali, libri e teatri - Caravaggio esce protagonista e il pubblico esce con la voglia di conoscerlo meglio. O con l'idea che non è Sgarbi a doverlo e poterlo divulgare?