Scrittura e traduzione nel lavoro dello scrittore inglese. L'Italia vista da dentro e vista da fuori. «Mi piace l’Italia di Starnone e Latronico. Le voci di chi scrive gli affondi nelle grandi testate mi sembrano assai logore. Dico che bisognerebbe “rottamare” un po’ di più, a rischio di sembrare renziano.»
Scrivere e tradurre: che sensazioni lega a queste due azioni? Quali le accomunano e quali le differenziano?
Ci si siede e si scrive. Dunque sembrerebbero attività affini. Invece sono totalmente diverse. Per tradurre, non ho bisogno di una particolare preparazione. Non devo preoccuparmi del mio umore. La pagina bianca o lo schermo vuoto non mi intimidisce. Devo solo (solo!) leggere l’italiano, capirlo a fondo, riformularlo in inglese. È difficile, ma non richiede un’idea. Non sono responsabile del contenuto. A seconda della difficoltà del testo so più o meno quanto testo posso produrre in un’ora. La scrittura è molto più imprevedibile. Magari, intellettualmente, la traduzione per certi versi e in certi momenti è più impegnativa, ma la scrittura è più pericolosa, mi lascia più esposto. È anche possibile che debba buttare via giorni di lavoro, cosa che non succede mai con la traduzione.
Lei insegna traduzione, nel farlo cosa trova più difficile trasmettere, insegnare ai suoi studenti?
Forse la cosa più difficile per lo studente è capire a fondo la necessità di riconciliare la meticolosità della comprensione con la creatività nella scrittura. Non c’è una sola idea, e tanto meno una teoria da comunicare. Il difficile è raffinare la propria sensibilità sia al testo originale che alla propria versione.
Ha raccontato l'Italia sotto diversi aspetti e da vari punti di vista. Quale sarebbe il più adatto e rappresentativo oggi?
Non capisco perché un approccio dovrebbe essere più adatto oggi. Non è che c’è una sola Italia, o un’Italia assoluta da raccontare. C’è la mia Italia di adesso, o la tua di adesso. Saranno ben diverse. Ma è quella che va raccontata. Il problema è sempre trovare un modo per mettere a fuoco la propria esperienza. È lì che sta l’arte.
Le voci di chi scrive gli affondi nelle grandi testate mi sembrano assai logore. Dico che bisognerebbe “rottamare” un po’ di più, a rischio di sembrare renziano.
Secondo lei quali autori italiani riescono a dare una immagine reale e fedele dell'Italia ai lettori stranieri?
Gli italiani non possono offrire una visione del paese dal di fuori. Sono coinvolti nel dibattito interno, sono di parte, o almeno fanno parte della dinamica italiana. E questo va messo sempre in conto. Mi piace l’Italia che racconta Starnone. Anche Latronico. Tra i saggisti, trovo Manlio Graziano interessante. Per contro le voci di chi scrive gli affondi nelle grandi testate mi sembrano assai logore. Dico che bisognerebbe “rottamare” un po’ di più, a rischio di sembrare renziano.
Quando ha iniziato ad appassionarsi alla lettura e come è cambiato il suo modo di leggere, crescendo?
Il modo di leggere cambia molto con le diverse età e le diverse esigenze o motivazioni. Da adolescente leggevo in modo vorace e sconsiderato. Oggi sono più lento, più esigente, ma capisco molto di più. Soprattutto, se un libro comincia ad annoiarmi, non mi sforzo di finirlo. La vita è troppo breve.
Se un libro comincia ad annoiarmi, non mi sforzo di finirlo. La vita è troppo breve.
Oggi con i processi di globalizzazione, integrazione e contaminazione culturale in atto, possiamo ancora parlare di letteratura nazionale e straniera, al di là della lingua, intendo come temi toni stili?
Bella domanda. Nel passato, è vero, si capiva meglio il rapporto tra uno scrittore e la sua comunità primaria di lettori. Poteva anche darsi che uno venisse tradotto e diventasse un autore internazionale, ma il libro aveva il massimo del suo significato per i suoi connazionali. Questo non è più vero, o non per tutti gli autori. Alcuni oggi scrivono direttamente per un mercato internazionale, evitando elementi che limiterebbero il numero di possibili lettori, o scrivendo del proprio paese non per i suoi cittadini, ma per l’esotismo che può stuzzicare in uno straniero. Così, allora, diventa sempre più difficile dire che cos’è una letteratura nazionale.