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Sono solo pochi ambientalisti che criticano la presenza di alcune impattanti strutture nel Parco? Non è così. Da decenni molti piani, studi e autorevoli pareri di organismi pubblici hanno messo in evidenza l’incompatibilità di alcuni impianti nel Parco, ponendo anche vincoli alla loro ingombrante e deturpante presenza.

Forse non tutti sanno che il primo parere contrario alla costruzione dell’ autodromo nel Parco di Monza fu dato nel 1922 dal competente Ministero che non intendeva concedere il necessario nulla osta in una zona così preziosa dal punto di vista naturalistico. Anche molta parte della stampa locale si opponeva fortemente (ad esempio “Il Cittadino”).

Ma veniamo a giorni più recenti. Il PRG di Monza approvato nel ’71 e vigente sino al 2007, che quasi ignorava il Parco, tagliato per quella parte a nord dalle tavole di azzonamento, affrontava però il problema con una lapidaria frase nelle sue Norme Tecniche di Attuazione dove, all’art. 21, zona verde pubblico, si diceva tra l’altro: “per il Parco di Monza nessuna nuova costruzione”. Non fu poi così, come tutti possono facilmente verificare, soprattutto in zona “cittadella autodromo”, dove il ricorso allo strumento normativo delle “deroghe per pubblica utilità”, ha consentito nel tempo di modificare ed espandere pesantemente l’impianto.

Se tralasciamo una ricerca redatta dal PIM (Piano Intercomunale Milanese) a metà degli anni ’70, il primo vero studio organico sul Parco fu redatto dalla Facoltà di Architettura dell’ Università di Genova, sotto il coordinamento della professoressa Annalisa Maniglio Calcagno.

Quello studio di riqualificazione paesistica, discusso in Consiglio Comunale nei primi mesi del 1991, nella sua “parte seconda” relativa alla riqualificazione paesistica del Parco, proponeva tra l’altro (a pag. 23): “la demolizione della pista sopraelevata dell’anello di alta velocità dell’autodromo, circuito ormai in disuso da molti anni, che taglia in due un’ampia porzione del parco e buona parte del famosissimo bosco bello”. Proseguiva poi: “Con l’eliminazione di questa struttura, inutilizzata e fortemente degradata, è possibile: recuperare all’uso pubblico un’ ampia fascia boscata del parco, compresa tra il golf e l’autodromo”.

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Gli anni Novanta furono fervidi di ulteriori proposte di ripristino, tutela e riqualificazione del Parco. Un vero Piano Regolatore venne presentato in Consiglio comunale nel ’95 da Leonardo Benevolo (come noto, uno dei maggiori storici europei di architettura e urbanistica) ed era comprensivo anche di quell’area, alla quale era dedicato uno specifico elaborato di dettaglio e relative tavole grafiche allegate alla Relazione illustrativa, che indicavano come obiettivo da perseguire nel tempo, il restauro filologico dell’antico disegno del Canonica del Parco stesso.

Infatti a pagina 25 di quella Relazione si diceva: “Oggi il restauro del parco richiede tre modifiche principali: la rimozione dei resti abbandonati dell’ ippodromo, la rimozione della pista d’alta velocità dell’autodromo, anch’essa fuori uso e non recuperabile, e le modifiche del percorso attuale necessarie al ripristino della continuità fisica e paesaggistica del viale Mirabello”. E poi proseguiva più avanti: “Si deve anche intervenire sull’area del Golf, con un ampliamento della zona boschiva e una parziale apertura al pubblico, in particolare per la ricostruzione del cannocchiale visivo dell’ex viale delle noci” (n.d.r.- tra autodromo e golf). E poi, ancora: “All’autodromo e il Golf si aggiunge una numerosa serie di altre di altre concessioni, limitative del’uso pubblico”.

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Come noto il Piano Benevolo venne adottato dal Consiglio comunale, con Sindaco Marco Mariani, il 7 marzo del 1997 e rimase in salvaguardia per 5 anni con quelle indicazioni e alcune altre notevoli restrizioni.

Con un parere preventivo del 13 giungo 1996, con oggetto proprio quel Piano regolatore, la Soprintendente di Milano Lucia Gremmo, scriveva in modo molto chiaro: “Gli usi impropri che maggiormente incidono sull’area del complesso (del Parco, ndr) anche in relazione alla considerevole superficie occupata, e che, come tali, risultano altamente incompatibili con il carattere storico-artistico dello stesso sono: l’autodromo, con le relative attrezzature (campeggio, piscina, etc) e gli abnormi afflussi di folla ed il golf, in quanto, come giustamente affermato dagli stessi progettisti, hanno rotto la sua (del Parco) unità spaziale e hanno condotto anche a un assetto frammentato delle masse arboree, in cui va perduta la grande dimensione che è il suo pregio principale. A ciò bisogna aggiungere, per quanto concerne il golf, la modifica morfologica del terreno”.

Non solo. In seguito alle forti proteste sorte per la proposta di abbattimento di centinaia di alberi per fare spazio alle vie di fuga per la pista, la Regione Lombardia, con presidente Roberto Formigoni, aveva promosso e approvato nella seconda metà degli anni ’90 “il piano 1997-98 per la rinascita del Parco di Monza” che prevedeva ben 35 progetti d’intervento e 20 miliardi di finanziamenti insieme ad altri Enti locali e organismi pubblici, finalizzati al “recupero ecologico – monumentale del Parco recintato più grande d’Europa” e per rimediare quindi a quella pesante situazione creatasi.

In quel Piano (in realtà un programma triennale), per quanto riguarda il Golf, si diceva, per esempio: Anche l’impianto golfistico dovrà assicurare nel breve-medio termine, un più idoneo rispetto dell’ambiente del Parco, da cui oggi risulta sostanzialmente estraniato in relazione alla impossibilità di accesso pubblico, alla radicale trasformazione dell’assetto preesistente, alle condizioni di artificialità dell’ambiente così costruito. Ne consegue l’orientamento nel periodo più immeditato a: migliorare il percorso periferico nord-sud, per il transito del pubblico; provvedere alla progressiva ricostituzione di uno stato d’ambiente coerente con le caratteristiche storiche e naturali del Parco; valutare la possibilità di ricollocazione all’esterno del Parco”.

Si proponeva poi la ricostituzione del “viale dei Carpini” tra Villa Mirabello e Mirabellino, fatto che ha portato alla cancellazione definitiva dell’ ippodromo, da tempo in disuso, mentre in altre sue pagine si prevedeva l’abbattimento dell’anello di alta velocità dell’autodromo, pure dismesso da tempo.

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Non vogliamo poi dimenticare il Piano territoriale di coodinamento (PTC) del Parco della Valle del Lambro, vigente a tutti gli effetti dall’agosto del 2000, che all’articolo 17 delle proprie Norme Tecniche, indica come obiettivi: “l’abbattimento delle curve sopraelevate del vecchio circuito motoristico” e che i Comuni di Monza e intorno al Parco, in sede di variante urbanistica dei propri strumenti, provvedono “anche mediante una programmata revisione delle concessioni amministrative in essere, finalizzata a ridurre gli spazi ad utilizzo pubblico limitato, o vietato”.

Per ultimo, tra la fine degli anni Novanta e i primi anni del 2000, non va dimenticato il Piano di Settore per il Parco di Monza, redatto dal Centro Studi PIM su incarico del Parco regionale della Valle Lambro, che riafferma tra l’altro, nell’elaborato progettuale, alla pagina 33: “conseguente demolizione dell’anello di alta velocità del circuito, almeno per la parte interferente con la prospettiva dal Mirabello (curva nord e curva sud)” e, per quanto riguarda il golf: “Ritocco del perimetro del golf nell’estremità settentrionale (spostamento di una buca), per favorire la continuità del percorso periferico nord-sud e nel confine meridionale per la ricostituzione di un ambiente di rispetto attorno alla testa del fontanile Pelucca”.

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Pochi ambientalisti rompiscatole in cerca di visibilità? Non si direbbe. Certo le concessioni rinnovate nel 2008 dalla nuova Giunta Mariani, che prevedono il restauro delle curve sopraelevate, una concessione della durata di ben 19 anni per l’autodromo e di 14 anni per il Golf (senza alcuna rilevante riduzione dell’area), mai neppure discusse in Consiglio Comunale, stridono fortemente con le chiare indicazioni sopra riportate ed estratte dai piani urbanistici degli ultimi 20 anni, frutto di decenni di studi, ricerche, approfondimenti fatti del mondo della cultura e delle scienze, spesso approvati dalle pubbliche amministrazioni più sensibili.

Anche per questi motivi le associazioni ambientaliste locali e nazionali (Italia Nostra, Legambiente, WWF, Comitato per il Parco) hanno promosso un ricorso al TAR e minacciano ora esposti ad altri organismi di garanzia pubblica, a tutela di quel bene storico, paesaggistico e naturalistico, tra i maggiori del mondo: il Parco di Monza.

Gli autori di Vorrei
Giorgio Majoli
Giorgio Majoli

Nato nel 1951 a Brescia, vive a Monza dal 1964. Dal 1980 al 2007, ha lavorato nel Settore pianificazione territoriale del Comune di Monza, del quale è stato anche dirigente. Socio di Legambiente Monza dal 1984, nel direttivo regionale nei primi anni ’90 e dal 2007, per due mandati (8 anni). Nell’esecutivo del Centro Culturale Ricerca (CCR) di Monza dal 1981. Ora pensionato, collabora come volontario, con associazioni e comitati di cittadini di Monza e della Brianza, per cercare di migliore l’ambiente in cui viviamo.Qui la scheda personale e l'elenco di tutti gli articoli.