Gli abitanti delle città diminuiscono, è tempo di Rivalutare, Riconcettualizzare, Ristrutturare, Ridistribuire, Rilocalizzare, Ridurre, Riutilizzare, Riciclare. E di Rinaturalizzare e Risparmiare
La popolazione delle grandi e medie città italiane sta calando ormai da 20 anni. Lo stesso vale, in Lombardia, per le città sopra i 70.000 abitanti. Lo dimostrano i grafici che abbiamo estratto da “Wikipedia”, elaborati su fonte Istat e che sotto riportiamo. Questo, offre oggi possibilità nuove agli amministratori pubblici di quei grandi e medi comuni, non più assillati dalle forti spinte migratorie degli anni ’60 o da fabbisogni in crescita esponenziale.
Non è necessario essere tra i seguaci di Serge Latouche, professore di scienze economiche dell’Università di Paris-sud, per comprendere che la sua “utopia concerta”, per una “decrescita serena”, affonda ormai le sue radici nella realtà dei fatti di alcuni decenni.
Basta osservare, per esempio, i trend della popolazione della maggiori città italiane, da Roma a Milano, da Torino a Venezia, Firenze, Napoli, Bari e Messina, per renderci conto che questo fenomeno è ormai generalizzato.
Italia - Città sopra i 200.000 abitanti
1 - ROMA
Popolazione al 31/1/2009: 2.762.539 abitanti
2 - MILANO
Popolazione al 30/11/2008: 1.294.797 abitanti
3 - NAPOLI
Popolazione al 30/11/2008: 963.522 abitanti
4 - TORINO
Popolazione al 31/11/2008: 909.193 abitanti
5 - PALERMO
Popolazione al 31/11/2008: 659.623 abitanti
6 - GENOVA
Popolazione al 31/12/2007: 611.683 abitanti
7 - BOLOGNA
Popolazione al 31/11/2008: 374.651
8 - FIRENZE
Popolazione al 31/11/2008: 365.744 abiatanti
9 - BARI
Popolazione al 31/11/2008: 320.676 abitanti
10 - CATANIA
Popolazione al 30/120/2008: 297.237 abitanti
11 - VENEZIA
Popolazione al 28/4/2009: 270.489 abitanti
12 - VERONA
Popolazione al 31/01/2009: 265.407 abitanti
13 - MESSINA
Popolazione al 31/12/2007: 243.997
14- PADOVA
Popolazione al 31/12/2009:212.713 abitanti
15 - TRIESTE
Popolazione al 31/12/2008: 243.997 abitanti
Non sfuggono a questo fatto neppure le città medie della Lombardia sopra i 70.000 abitanti. Come abbiamo visto, Milano ha perso più di 500.000 abitanti in 20 anni; Brescia, la seconda città lombarda con i suoi 190.000 abitanti, ne ha persi circa 20.000 dal ’71 ad oggi, cioè quasi il 10%; Monza, la terza, si è attestata a 120.000 abitanti negli ultimi 25 anni e lì si è fermata. Ed è così anche per le altre: Bergamo, Como, Varese, Sesto San Giovanni e Cinisello.
LOMBARDIA - CITTÀ SOPRA I 70.000 ABITANTI
1 - BRESCIA
Popolazione al 30/7/2008: 190.494 abitanti
2 - MONZA
Popolazione al 31/11/2008: 121.095 abitanti
3 - BERGAMO
Popolazione al 31/12/2008: 117.890 abitanti
4 - COMO
Popolazione al 1/01/2009: 84.083 abitanti
5 - VARESE
Popolazione al 1/1/2009: 81.990 abitanti
6 - BUSTO ARSIZIO
Popolazione al 1/1/2009: 81,431 abitanti
7 - SESTO SAN GIOVANNI
Popolazione al 31/8/2008: 81.115 abitanti
8 - CINISELLO BALSAMO
Popolazione al 2008: 73.109 abitanti
9 - CREMONA
Popolazione al 31.12.2008: 72.266 abitanti
10 - PAVIA
Popolazione al 1/1/2008: 70.207 abitanti
Perché questo accade? Per diversi motivi: 1) la gente preferisce abitare in ambienti più vivibili e quindi, da tempo, è uscita dalla città per cercare la campagna e il verde; 2) i grandi poli attrattori, costituiti dalle grandi industrie, sono quasi scomparsi e ciò favorito lo spopolamento delle città; 3) i costi di acquisto o di affitto delle case sono fortemente aumentati e questo ha portato la gente a cercarne a prezzi minori, altrove, subito intorno ai centri più cari; 4) i tassi di natalità sono diminuiti o si sono fermati e questo ha comportato un trend demografico molto spesso negativo o tuttalpiù stabile; 5) i flussi migratori dai paesi extraeuropei non hanno compensato la complessiva perdita di popolazione delle città, frenandola solo; 6) si è poi verificata una frammentazione e un invecchiamento dei nuclei familiari, fenomeno che porta quegli stessi a spostarsi fuori dalle città, per i motivi sopra evidenziati; 7) gli stessi trasporti, consentono, nel bene o nel male, di raggiungere la città in tempi ancora tollerabili, sia pur in sofferenza.
Vi è da rilevare che questo “fuga dalla città”, non è propria solo della nostra nazione, ma è da tempo riscontabile anche in altre parti d’Europa, come la Gran Bretagna, la Francia e la Germania. C’è però chi sostiene che sia in atto, da alcuni anni, un fenomeno opposto, cioè di rientro nelle grandi città, riscontrato in alcuni megalopoli degli USA (NY). Gli stessi dati, sopra riportati, dicono che è in corso una frenata e, in alcuni casi, una lieve ripersa del trend positivo.
Personalmente sono più propenso a credere che si assisterà in Italia e in Lombardia ad una stabilizzazione del dato e poi, ad un vera decrescita della popolazione delle città medie e grandi. Diverso è per i piccoli comuni a corona, che vedranno alcuni incrementi. Questo richiede nuovi compiti e nuove strategie per impedire la diffusione del “continuo urbano” (sprawl), cercando di spostare funzioni ed attrattività, non certo nelle “new town” limitrofe ai grandi centri urbani, quanto piuttosto nei poli lontani almeno 70/80 km dal capoluogo. Solo attraverso una rigorosa pianificazione regionale e infraprovinciale, finora assente o del tutto latitante, si riuscirà a non distruggere il territorio che si è finora salvato e a mantenere come obiettivo irrinunciabile la salvaguardia del suolo libero, cioè almeno il 50% di quello di ciascun comune, ente che non può essere lasciato solo in questa operazione.
Ecco allora che le otto “R” di Serge Latouche potrebbero essere applicate all’urbanistica e cioè la necessità di: Rivalutare, Riconcettualizzare, Ristrutturare, Ridistribuire, Rilocalizzare, Ridurre, Riutilizzare, Riciclare. A queste otto “R”, ne aggiungerei altre due: “Rinaturalizzare” e “Risparmiare”. La vita, come noto, passa attraverso la difesa dell’ambiente, della natura, ma anche di nuovi e più sobri stili di vita. Per fare questo è poi necessario dare nuove regole e nuovi limiti allo sviluppo. Non il contrario, come taluni ostentano in modo sfrontato, spacciandolo per il nuovo che avanza. Basta vedere gli interventi edilizi realizzati negli anni ’60, in pieno boom economico, che ancora oggi gridano vendetta al cielo delle nostre città.
Per tutti questi motivi è bene che i Piani di Governo del Territorio di quelle città medie e grandi non vengano sovradimensionati, ma anzi cancellino edificabilità e recuperino invece forti elementi di vivibilità urbana, ponendo chiare limiti fisici alla compromissione ulteriore della nostre città e conseguentemente un controllo alla rendita parassitaria delle aree edificabili, la quale, come noto, è guidata da ben altri logiche che quella pubblica. E’ questo che si può e si deve fare!