I Piani di governo del territorio voluti dalla legge regionale del 2005. Davvero una legge per salvare il salvabile del super-urbanizzato territorio lombardo? Cosa si può fare ancora?
U
na "Legge colabrodo". Così si potrebbe definire la “nuova” (approvata nel 2005, dopo quasi 30 anni) legge urbanistica della Lombardia. Infatti, più che garantire una nuova normativa – fondamentale per il governo del territorio in una regione pesantemente martoriata da cemento, inquinamenti e asfalto – la legge si preoccupa soprattutto di soddisfare una serie di casi particolari con nuovi articoli, commi e sottocommi: allo scopo, è stata modificata ben sette volte in soli cinque anni di vigenza. In che modo e con che risultati? Lo spieghiamo meglio nel seguito.
Il punto di partenza: la legge del 1975
Dopo anni di consultazioni pubbliche e verifiche ristrette, a fine marzo 2005[I] la nuova legge sul “Governo del territorio” sostituisce la vecchia che peraltro, già dal titolo, esprimeva un intento ben diverso: "Disciplina urbanistica del territorio regionale e misure di salvaguardia per la tutela del patrimonio naturale e paesistico"(Scarica da qui ).
Un intento che sintetizzava e regolamentava una cultura urbanistica (di centro destra, ma anche di centro sinistra), e che avrebbe poi prodotto un'intera generazione di Piani regolatori comunali. E se non ha salvato la Lombardia dagli abusi con quello strumento urbanistico – il PRG – la legge aveva però il pregio di essere ben strutturata, leggibile e facilmente interpretabile in modo univoco, dalle disposizioni generali fino ai livelli comprensoriali e comunali e alla tutela dei centri storici[II].
Una buona legge, rimasta praticamente inalterata nella sua parte sostanziale per quasi venticinque anni. Quando, con la legge regionale n. 1 del 2001, viene incrinato pesantemente il suo impianto originario riguardo al rapporto tra metri cubi e abitanti: che, passando da 100 mc/abitanti a 150, provoca una decurtazione secca di ben un terzo dei servizi pubblici da prevedere nei Piani regolatori. La scusa: "tutti stiamo in case più ampie" (50 mq a testa di superficie di pavimento), era cosa tutta da dimostrare, e lo è oggi più di ieri, sopratutto nelle zone densamente e fittamente popolate (esempio: Milano o il suo hinterland a nord).
Il nuovo complesso al Rondò dei Pini "tappa" la prospettiva del Viale Cesare Battisti.
È bene ricordare che già nel 1997 la legge regionale n. 23 aveva snellito le procedure per la varianti urbanistiche, per alcuni casi, ma si trattava di norme di procedura speciali che non intaccavano l'impianto della legge del ‘75. Naturalmente diversi Comuni abusarono (come era prevedibile) anche di quella leggina di "accelerazione", per modificare i propri PRG con varianti e variantine di dubbio gusto, quantità ed anche legittimità.
Per non dimenticare poi la sciagurata LR n. 9 del 1999, la quale, richiamandosi ad un articolo di una norma nazionale[III] prevedeva la formazione dei Programmi Integrati di Intervento, i tristemente famosi Pii, che, con la motivazione di voler promuovere programmi complessi, con pluralità di funzioni, per "riqualificare il proprio tessuto urbanistico, edilizio e ambientale", venivano adottati dalla Giunta comunale e approvati dal Consiglio solo a fine procedura, quindi praticamente "a scelte ormai compiute dall'esecutivo” e, soprattutto, in variante agli strumenti urbanistici vigenti.
Il risultato è ancora oggi visibile in molte realtà: cemento e asfalto su aree agricole; boschi sventrati o abbattuti; comparti di ristrutturazione urbanistica con quantità inusitate e progetti abnormi; il PRG diventato un inutile orpello da forare e travolgere, sempre e comunque, per dare sfogo alla più becera speculazione edilizia e ai voraci appetiti della rendita urbana, calata su immobili e suoli più o meno centrali o del tutto inedificati, che vedevano così i loro valori moltiplicarsi, senza regole certe poste "a monte", diventati materia di contrattazione urbanistica tra pochi eletti (nel migliore dei casi) e le proprietà private.
Per non dimenticare gli altrettanto devastanti Accordi di programma[IV] che, , di fatto si trasformarono in strumenti, anch'essi in variante allo strumento urbanistico, al cui tavolo potevano sedersi tranquillamente anche i privati, attraverso un'interpretazione estensiva della norma stessa. Obiettivo: il fare sempre e comunque. Evitiamo di dire "il cosa è stato fatto poi". Ipermercati promossi dalla Regione; centri polifunzionali privati di terziario-direzionale-ricettivo; grossi complessi residenziali privati ed altro ancora... Tutto realizzato in nome dell'interesse del pubblico, al quale veniva promesso o lasciato qualche scampolo speculativo e un po' di oneri di urbanizzazione, naturalmente in cambio dell'edificabilità di suoli più o meno edificabili. Come si può ben immaginare gli A.d.P. erano stati recepiti dalla legislazione
In questo contesto come poteva nascere la nuova Legge urbanistica regionale del terzo millennio? Minato alla base il principio-dovere di fornire regole certe e chiare per tutti, passava invece il concetto della "contrattazione urbanistica", chiamata più aulicamente "negoziazione degli interventi". Era in realtà la deregulation che aveva già avuto un esempio in Lombardia con la "Legge Verga", la n. 22 del lontano 1986, per la "Promozione di programmi integrati di recupero del patrimonio edilizio esistente", i PIR, che, una volta approvati dalla Regione, consentivano di andare in variante ai PRG, ai Regolamenti edilizi e a quelli di igiene, praticamente senza limitazioni di legge e senza un piano attuativo. Non mancarono, fin da allora, fenomeni degenerati in corruzione, attraverso l'un uso distorto e interessato di quella legge.
Una carta di Monza co le zonizzazioni in evidenza.
La legge del 2005 nasce e si modifica
La nuova Legge urbanistica regionale nasce in quel clima e cerca di porre rimedio alla rigidità dei Piani Regolatori che vengono sostituiti dai PGT[V], prevedendo comunque una sezione di “regole” simili ai vecchi piani, ma con una parte consistente di negoziazione coi privati. Purtroppo, molto spesso la cronaca riporta casi di abuso in tal senso, con mazzette, (e altro ancora), più o meno consistenti. In definitiva, l'urbanistica e l'edilizia viene ridotta dalla legge 12/2005 ad una sorta di "suk arabo", certo non facile da gestire con trasparenza né da controllare. Tutto può essere negoziato.
Ma non è tutto. La legge 12 del 2005 (Scarica da qui ), una sorta di testo unico, viene redatta in 104 articoli (ben 32 pagine del Bollettino Ufficiale della Regione), comprendendo tutta la materia, sia urbanistica, a tutti i livelli (regionale, provinciale e comunale), che quella edilizia ed attuativa in senso stretto. Ma fino a qui, in fondo, nulla di male. Ma c'era, come spesso accade, il peggio è in agguato...
La prima modifica viene approvata dal Consiglio regionale solo 9 mesi dopo. Infatti il 27 dicembre, Formigoni promulga la legge n. 20, che apporta alcune precisazioni relative ai sottotetti e alla disciplina di tali interventi edilizi, toccando gli articoli 63, 64 e 65. Sette mesi dopo, il 14 luglio del 2006, altre modifiche e integrazioni con la legge n. 12 (stesso numero della legge madre, tanto per non confondere le idee...). Vengono ora modificati e integrati ben 18 articoli, cioè il 20% circa di quelli vigenti da poco più di un anno[VI]. Un vero bombardamento e relativo cimitero normativo. Un solo particolare che riguarda proprio Monza: nella modifica all'art. 36, vengono ridotte le misura di salvaguardia dei PRG, portando il termine da 5 anni (così come prevedeva la vecchia LR 51, al suo articolo 24, sin dal lontano 1975) a soli 3 anni, giusto quando al Comune di Monza era stato presentato ed era in corso l'istruttoria e l'esame di un piano di lottizzazione per ben 388.000 metri cubi sulla ben nota area della Cascinazza (di una socieà di Paolo Berlusconi…), calandosi così su una complessa situazione urbanistica, posta tra Piano vigente (del 1971) e quello adottato nel 2002, appunto in salvaguardia, che prevedeva minori volumetrie (200.000 circa).
Il 27 febbraio dell'anno successivo, il 2007, vengono approvate altre lievi modifiche alla LR 12/2005, che potremmo definire di finanziamento (per la redazione dei PGT e per la caccia...???) e per risolvere alcuni questioni specifiche alla scala sovra locale (aeroporto di Montichiari). Il 3 ottobre 2007, la LR n. 24, con due brevi articoli, vengono appartate altre modifiche alla tempistica di approvazione del PGT nel caso in cui lo strumento urbanistico sia stato solo adottato, ma non ancora approvato e siano intercorse nel frattempo le nuove elezioni. Guarda caso, è proprio la situazione di Monza, dove, il PGT era stato adottato dall'amministrazione di centro sinistra, che in giugno, però, aveva perso le elezioni. Come al solito, questione per alcuni milioni metri cubi sul tappeto urbano...
L'otto novembre 2007, altra lieve modifica con la LR n. 27, relativa all'Edilizia residenziale pubblica. Molto più sostanziose invece quelle apportate con la LR n. 4 del 14 marzo del 2008, giusto a circa 4 anni di vigenza delle LR 12. Vengono addirittura toccati i contenuti del Documento di Piano, del Piano dei Servizi e di quello delle Regole, cioè il cuore e il sistema del PGT. Vengono aggiunti decine di commi e sottocommi alla legge madre. Ma non è finita. Arriva la LR n. 5 del 10 marzo 2009, con "ulteriori disposizioni i materia di territorio e opere pubbliche". Viene pesantemente ritoccato l'art. 25 (ed altri 4 articoli), nel quale si sposta il termine per l'approvazione dei PGT in Lombardia, dal 31 marzo del 2009 al 31 marzo del 2010 e introdotti alcuni escamotage per evadere le restrizioni,(previste in un primo tempo), alle edificazioni con piani attuativi nel periodo di trasformazione e passaggio dai PRG ai nuovi PGT. Spiccano, come al solito, i Programmi integrati di intervento in variante ai Piani generali. Ma non era ancora finita.
Con la LR. n. 7 del 5 febbraio 2010 vengono modificati altri nove articoli. Viene prorogato ancora di un anno il termine per la redazione dei PGT in Lombardia e previste altre deroghe alle limitazioni per le edificazioni e ai loro strumenti attuativi. Vogliamo ricordare che il solo 1° comma dell'articolo 25, alla fine, risulterà ritoccato ben 3 volte in soli 4 anni. Una vergogna!
Che fare?
Quella povera legge che dovrebbe essere quella fondamentale per il Governo del territorio lombardo, nel testo ora vigente, è un in molte parti vero enigma, una sciarada incomprensibile, dove alcuni suoi commi e sottocommi dicono tutto e il contrario di tutto e dove le interpretazioni dei legali, anche sul web, fioccano, sempre alla ricerca di una comprensione e condivisione del testo. Probabilmente, l'unica soluzione di buon senso sarebbe quella di riscrivere la Legge in toto, forti dell'esperienza di 5 anni di sua gestione. Una sola richiesta: che non venga scritta da chi l'ha fatto fino ad ora. L'esperienza insegna pur qualcosa. Fatto salvo il caso che quella confusione non faccia che comodo a molti. E' nota la frase di Mao Tze Tung: "C'è molto disordine sotto il cielo, la situazione è eccellente!"
L'area della Cascinazza
[I] La nuova "Legge per il governo del territorio" viene pubblicata Sul 1° supplemento ordinario al n. 11 del Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia (BURL), del 16 marzo 2005 e a partire dal 30 marzo sostituisce la vetusta LR n. 51 del 15 aprile 1975.
[II] Al Titolo 1 venivano chiarite le disposizioni generali, le finalità, i soggetti, i livelli, gli strumenti della pianificazione; il Titolo 2 trattava della pianificazione del livello regionale e di quello comprensoriale (si badi bene: non di quello provinciale), quest'ultimo normato con la LR n. 52 sempre del '75, approvata nello stesso giorno e pubblicata sul medesimo Bollettino; il Titolo 3 trattava della pianificazione di livello comunale e quindi dei Piani regolatori. Interessanti gli articoli relativi, già da allora, rivolti alla tutela dei centri storici (art. 17); ai metodi di computo della capacità teorica dei piani (art. 19); alle limitazioni all'edificazione (art. 20); alle quantità di standard comunali e sovracomunali (art. 22); alle misure di salvaguardia per 5 anni del piani solo adottati, per impedirne un loro stravolgimento durante l'iter di approvazione finale, di competenza della Regione. Il Titolo 4, riguardava le misure di salvaguardia del patrimonio naturale e paesaggistico per fiumi, laghi e canali, le zone a rischio idrogeologico, le norme per le zona a bosco, e verso la fine di quel Titolo, la vigilanza e le sanzioni in caso di abusi.
[III] l'art. 16 della legge 179/92. La nuova legge regionale consente (art. 8, comma 4) ai Comuni di procedere in deroga ai piani, cosa mai vista prima, in quanto gli strumenti attuativi (es. i Piani di lottizzazione e i Piani di recupero), fino ad allora, dovevano essere conformi alle previsioni dei Piani regolatori, in quanto loro attuazione di dettaglio.
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[IV] nati da una norma nazionale del 1990 (l'art. 27 della legge 142/90, poi travasato nel Testo unico degli enti locali del 2000, nell'art. 34 del D.Lgs 267) per potere coordinare azioni e interventi tra enti pubblici (regioni, province, comuni, ecc.). regionale già con la LR n. 9 del '99 e poi specificati con altra successiva (la LR 3/2004).
[V] Il Piano di governo del territorio è composto da tre parti: il Documento di piano, con durata quinquennale, che non "conforma i suoli" e che contiene le strategie generali. Contraddizione insanabile era il fatto che un programma di 5 anni, peraltro negoziabile anche nel dettaglio dai singoli piani attuativi, potesse avere una valenza strategica, ma che rischiava invece di essere schiacciato sulle contingenze e le occasioni particolari. il Piano dei servizi, relativo ai vecchi standard urbanistici, venivano ridotti praticamente ad un lumicino, con un minimo di 18 mq/abitante per spazi a parco. Infine il Piano delle regole, molto simile al vecchio Piano regolatore, stabiliva indici, rapporti e prescrizioni, che molti operatori e professionisti invocano ancora oggi per non passare sotto le forche caudine della "negoziazione urbanistica ed edilizia" con la parte politica e amministrativa.
La legge viene distinta in 2 parti: la prima, relativa alla pianificazione territoriale; la seconda, alla gestione del territorio. Nella prima parte, due Titoli, 6 Capi, 26 articoli e 137 commi; 7 Titoli, 13 Capi, 78 articoli e 267 commi, per la seconda parte. Non si contano le decine di sottocommi, solitamente contrassegnati da lettere dell'alfabeto. Un polpettone onnicomprensivo di non facile digestione e lettura anche per gli addetti ai lavori.
[VI] In particolare gli articoli: 4, 11, 13, 14, 20, 25, 29, 36, 40, 41, 48, 51, 52, 59, 60, 62, 80, 92.