Palazzoni di 8 piani su una delle poche, ultime aree agricole della città. I dubbi della Circoscrizione 2 e di Legambiente
Il quartiere Cantalupo di Monza, come noto, è un grosso insediamento di edilizia sovvenzionata, costruito dalla fine degli anni ’60 con interventi dell’INA casa, dello IACP, della Gescal e altri Enti, localizzato nella parte est della Città. Recentemente si torna a parlarne, in quanto è stato avviato un Contratto di Quartiere che prevede la costruzione di diversi palazzoni, alti fino a 8 piani, per complessivi 75.000 metri cubi, che verranno calati su un residua area agricola di circa 30.000 mq, destinata come tale dal PGT vigente, zona compresa tra la Cascina Cantalupo di viale Sicilia, il distributore di Metano di via Stucchi, le vie Nievo e Cantalupo.
Molte sono state le criticità subito riscontrate, a partire da quelle sollevate, prima dallo stesso Consiglio comunale, poi dalle associazioni ambientaliste e, recentemente, dalla Circoscrizione 2, che ha espresso parare negativo sul progetto di variante urbanistica relativa a tale C.d.Q.
Già il 17 gennaio 2011, il Consiglio comunale aveva appunto approvato all’unanimità un Ordine del giorno che, pur rilevando gli aspetti sociali della proposta, indicava una serie di correzioni da apportare a quel piano in sede di progettazione, sia di tipo plani-volumetrico, che viabilistico, anche al fine di evitare la realizzazione di altri palazzi ghetto in quella zona. Un emendamento a quell’O.d.g., molto più esplicito e qualificante, presentato dalla Lista Città Persone, FLI e Forza Lombarda, era stato però respinto.
L’emendamento giustamente chiedeva che il progetto non interessasse aree agricole, se non per verde e servizi pubblici complementari e che l’edificazione venisse reperita su aree residenziali già previste come tali dal PGT vigente, anche con interventi di ristrutturazione, recupero dei sottotetti e con parziali ampliamenti di edifici già esistenti. Così non è stato.
In data 4 settembre, anche il Circolo Legambiente di Monza ha consegnato in Comune il proprio parere sulla variante urbanistica collegata e conseguente a tale Contratto di quartiere. Lì si dice:
“Come noto, la proposta di C.d.Q. finora elaborata, prevede pesanti edificazioni su aree indicate dal PGT vigente con una destinazione agricola, costruzioni collocate a ridosso di un “quartiere ghetto” realizzato, a partire dagli anni ’60, per edilizia economica e popolare. Era infatti nella logica di quel periodo edificare in tale modo, massiccio e concentrato, logica poi largamente superata dalla cultura urbanistica, che oggi previlegia la massima tutela del suoli liberi e delle aree agricole e la realizzazione di tali interventi su aree dismesse o comunque edificabili, mixando le diverse tipologie economiche (edilizia libera ed edilizia residenziale sociale), anche per una maggiore coesione e integrazione sociale.
Già in sede di discussione consiliare (delibera n. 2/2011) era stato presentato sia un emendamento che un ordine del giorno che mettevano in evidenza tali forti criticità e chiedevano di modificare sostanzialmente la proposta di tale AdP.
Vogliamo qui ricordare che le norme che hanno istituito i C.d.Q. nel 2001, ma anche le successive circolari esplicative (DM 27/12/2001), chiariscono che gli interventi sono finalizzatati alla riqualificazione edilizia, al miglioramento delle condizioni ambientali, al recupero urbano, alla maggiore e migliore dotazione di servizi pubblici e privati. Non solo: stabilisce che tali interventi devono essere altresì conformi agli strumenti urbanistici vigenti o adottati, disciplinati da Piano di Recupero o, qualora dettagliato, dal PRG stesso, criteri indispensabili affinché i C.d.Q. stessi possano essere considerati tali dai bandi nazionali e regionali. Si faccia conto, che per tali motivi, alcune Regioni escludono interventi che interessino aree agricole. Non è così per il Contratto del quartiere Cantalupo di Monza: edilizia intensiva su aree agricole!
Il parere termina con tre proposte chiedendo che il C.d.Q: “1) non interessi aree agricole, se non per verde e parco pubblico, escludendo edifici di qualsiasi natura e salvaguardando le aree libere da nuove edificazioni; 2) venga realizzato su aree residenziali già previste come tali dal PGT vigente (2007), con interventi di ristrutturazione, recupero sottotetti, parziali ampliamenti e completamenti dell’esistente; 3) venga prevista una collocazione alternativa ai nuovi edifici di edilizia residenziale pubblica su aree dismesse di proprietà comunale, ben presenti in Città, al fine di evitare un’eccessiva concentrazione di interventi di edilizia economica e popolare in un solo quartiere, anche per una reale e maggiore coesione sociale e un minor impatto ambientale.
Infine, recentemente, anche la Commissione urbanistica della Circoscrizione 2, riunita in data 21 settembre 2011, ha espresso all’unanimità il proprio parere negativo su tale proposta di variante urbanistica, parere confermato dal Consiglio della Circoscrizione 2 nella seduta del 28 settembre, organismo pur guidato dai Partiti di maggioranza che governano oggi Monza.
Non c’è che dire: una vera collezione di controindicazioni. Una sola cosa sfugge: ma a chi interessa tutto ciò, se esistono tante criticità e tanti aspetti negativi?
E’ pur vero che, come risulta dal Piano Economico Finanziario del 30/7/2009, si tratta di edilizia sociale e di una pluralità di soggetti pubblici e non (Comune di Monza; ALER Monza e Brianza, Cooperativa sociale Monza 2000, ASL Monza e Brianza, Associazione mosaico interculturale); che il C.d.Q verrebbe corposamente finanziato dalla Regione Lombardia, per 18 milioni di euro; che si tratta di un intervento che si aggira intorno alla cifra complessiva di 42 milioni di euro; che le aree, attualmente agricole, verrebbero in tal modo “valorizzate” rendendole edificabili, utilizzando poi fondi pubblici per la loro edificazione (alias: distruzione).
Proprio non si capisce perché il Comune non abbia utilizzato per quegli interventi di edilizia residenziale sociale aree industriali dismesse di sua proprietà, coniugando così la tutela del territorio e del suolo agricolo e una migliore distribuzione dei pesi insediativi e del mix social, evitando di ingrossare una zona cittadina già fortemente connotata da quel tipo di edilizia, cioè a rischio ghettizzazione. Anche i quartieri più disagiati hanno pur il diritto di vivere meglio, con più verde e servizi, meno traffico e meno casermoni attorno.
Un’ultima annotazione a carattere generale. A volte si ha la spiacevole sensazione che certe scelte territoriali passino trasversalmente e/o sopra le forze politiche locali, con interessi collaterali opachi, trascurando così quello fondamentale, cioè quello pubblico, che contiene, tra l’altro, la difesa del suolo e il diritto dei cittadini a una maggiore vivibilità urbana e sostenibilità degli interventi.
Estratto dalla: CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UNIONE EUROPEA
Articolo 37
Tutela dell’ambiente
Un livello elevato di tutela dell’ambiente e il miglioramento della sua qualità devono essere integrati nelle politiche dell’Unione e garantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile.