20180427 ammericani

Storie della quarta età. Sono arrivati gli Americani e lanceranno tavolette di cioccolato. Io non avrò il permesso di buttarmi nella mischia: mio padre è stato epurato e scoprirà in ritardo che il Duce l’aveva imbrogliato.

Aprile 1943. Collegio delle Suore Orsoline, in una cittadina del Nord non ancora “liberata”. Un sabato mattina scolastico e, come ogni sabato, la giornata inizia con la Santa Messa. Sono digiuna dalla mezzanotte per potermi comunicare. Sono affamata da anni di guerra: so che per alcuni è possibile procurarsi cibo alla “borsa nera”, ma due grossi impedimenti non permettono alla mia numerosa famiglia di usufruire di tali vantaggi.

Il mio papà è fascista, un ingenuo affascinato dal Duce, per ignoranza non colpevole. Ligio al suo dovere di dare buon esempio, sopporta le restrizioni imposte dalla guerra, ma soprattutto — pur lavorando giorno e notte sia come turnista alla Società elettrica, sia come abile riparatore di impianti, ferri da stiro, fornelli — guadagna a stento il necessario per mantenerci agli studi da esterne in collegio.

Presso le suore, con le buone maniere, il latino, la matematica, il disprezzo per chi aveva messo in croce Gesù, imparavamo a memoria “la cultura fascista”. Una mia sorella maggiore pagherà caro due anni dopo tale indottrinamento, reso più convincente da canzonette osannanti non pane, ma fuoco distruggitore e Giorgetto d’Inghilterra è un burattino manovrato da un ministro grasso e citrullo.

Sono passata, prima di arrivare a scuola, da un’amica ricca: a casa sua ci sono blocchi di cioccolato svizzero, leggermente venati di bianco, dal profumo inebriante. La padrona di casa (una vera signora!), mi chiede, come d’abitudine: “Silvana, farai la santa comunione oggi?”. Il mio sì, precipitoso e deciso, risuona nella penombra dell’anticamera e, poco dopo, in una carta oleata e frusciante come seta, mi viene offerto un prezioso lingottino marrore, insieme a due biscotti fatti in casa. Ripongo con cura nella cartella.

Terminata l’Eucarestia, anch’io passeggerò, quasi danzando, in palestra e assaporerò len-tis-si-ma-men-te quella delizia già pregustata ricevendo (indegnamente?) il Signore.

Come apprezzo la generosità dell’intelligente e intuitiva padrona di casa che mi metterà più tardi a disposizione anche la ricca biblioteca. Lei è caritatevole non solo con me, e io prego perché la sua ricca scorta di cioccolata e di soldi che immagino ammucchiati in una stanza segreta, non diminuiscano troppo fino a sparire: i ricchi non potrebbero abituarsi a pasti di una sola portata, a base di patate lesse e dolce-verde.

Quante Comunioni continuerò a ricevere così aromatiche e sostanziose? Tante!

Sono arrivati pure gli Americani, e dai carri armati, ormai innocui, lanceranno ad avidi ragazzini tavolette di cioccolato. Io non avrò il permesso di buttarmi nella mischia: mio padre è stato epurato e scoprirà in ritardo, ascoltando i suoi figli studiare storia, che il Duce l’aveva imbrogliato.

Il Signore mi ha fatto scoprire molto più tardi il suo sapore che assocerò sempre al mio dolce per eccellenza. Da qualche anno sono diabetica: come è ingiusta, talvolta la vita!

 

Foto: © Lee Miller Archives, England 2008. Tratta da Focus.it

Gli autori di Vorrei
Silvana Omati
Silvana Omati
Ho 85 anni. Faccio parte da decenni della libera università a distanza dell’autobiografia di Anghiari. Generalmente scrivo di anziani.