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Per parlare della gestione dell’Imperial Regia Villa e Parco di Monza (da ora in poi IRVP), conviene partire da La Venaria Reale, per opportuni confronti

 

 

Il Consorzio delle Residenze Reali Sabaude, che gestisce direttamente il complesso La Venaria Reale, è composto dal Ministero della Cultura, dalla Regione Piemonte, dalla Città di Venaria Reale, dalla Fondazione Compagnia di San Paolo, dalla Fondazione 1563 per l'Arte e la Cultura.

Appare evidente che tutti i soci abbiano come obiettivo la tutela del bene, e il suo utilizzo economico secondo I suoi intangibili valori culturali e ambientali.

Del resto, basta guardare alla storia e ai risultati: da un rudere che fino al 2007 era in condizioni molto peggiori della IRVP, si è giunti al recupero di un monumento oggi inserito tra i beni patrimonio dell’umanità dell’Unesco e a un flusso di turisti culturali che ha superato i 350 mila nel 2022.

I soci del Consorzio Villa Reale e Parco di Monza che gestisce la IRVP, del tutto analogo giuridicamente a quello de La Venaria, sono: il Ministero della Cultura, la Regione Lombardia, il Comune di Milano, il Comune di Monza, l’Assolombarda, la Camera di Commercio di Milano, Monza-Brianza, Lodi.

Si tratta di una compagine molto più complessa di quella de La Venaria, e non pacificamente riconducibile alla tutela del bene e a destinazioni coerenti con la sua storia e i suoi valori culturali e ambientali.

Conviene quindi esaminare i soci di questo Consorzio uno per uno, per cercare di capire le rispettive motivazioni e azioni. Si vedrà che, come ne La Fattoria degli animali di George Orwell, coesistono diverse specie, dai lupi, ai cani da pastore, alle pecore, a qualche ibrido. E si vedranno anche, come nel capolavoro di Orwell, i rapporti di potere tra di essi.

Converrà cominciare dal più importante dal punto di vista istituzionale ed economico, la Regione Lombardia, proseguendo con il più interessato, il Comune di Monza, e con tutti gli altri. Più un supplemento, determinante.

 

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Venaria Reale

 

REGIONE LOMBARDIA

Qualche anno fa incontrai Matteo Barattieri su un treno pendolare quasi vuoto.
Cominciammo a parlare dell’ingresso della Regione Lombardia nella proprietà dell’IRVP. Io ero favorevole, perché pensavo che la Regione potesse portare nel complesso monumentale una visione culturale meno localistica del Comune di Monza. Matteo era assolutamente contrario.

Ho sempre stimato Matteo per le sue competenze professionali, la passione per la tutela del Parco e la capacità di motivare e coinvolgere. Ma non condividevo le sue idee, che mi sembravano ispirate a una pregiudiziale anti-politica. Debbo riconoscere che, almeno con riferimento all’attuale governo regionale, aveva ragione..

La Giunta regionale lombarda dovrebbe avere a cuore un patrimonio eccezionale come quello che nell’ottocento veniva chiamato, non a caso, la “Imperial Regia Villa e Parco di Monza”, per le sue valenze storiche italiane ed europee. E dovrebbe testimoniare questa consapevolezza puntando, come proponeva l’ex Governatore Roberto Maroni, di fede leghista, all’inclusione del monumento tra i beni patrimonio dell’umanità dell’Unesco.

Al contrario, come testimoniato dal recente Master Plan, la Regione punta alla distruzione del monumento, perseguendo tre obiettivi: l’oblio dei suoi valori storici originari; l’incredibile rovesciamento dei valori, con l’attribuzione di un valore storico-culturale agli interventi devastanti del novecento; lo smembramento del parco storico in due parti, con il suo declassamento da parco storico a un generico “non luogo”.

La Regione si rivela così come matrigna del monumento e più in generale della città di Monza, di cui l’IRVP costituisce un essenziale elemento di memoria storica e identitaria.

E’ quasi inspiegabile, se non per ragioni attribuibili a ignoranza o a interessi di parte, che la Regione Lombardia, campione dell’ autonomismo nazionale, persegua una politica autolesionista assecondando prepotenti interessi di stampo nazionalista (vedi oltre).

 

COMUNE DI MONZA

Il Sindaco di Monza è per statuto Presidente del Consorzio Villa Reale e Parco di Monza.

Il Comune di Monza é o dovrebbe essere il socio più interessato al recupero del patrimonio culturale e ambientale costituito dall’IRVP, per la sua rilevanza determinante sulla identità e l’immagine della città, e per le ricadute economiche che la rinascita del monumento potrebbe arrecarle.

All’interno della coalizione che governa attualmente la città è stata elaborata una linea che punta a tale recupero, che dovrebbe avere come stella polare l’inclusione del monumento tra i beni patrimonio dell’umanità dell’Unesco.

Tuttavia questa proposta interna non si traduce adeguatamente in una esternazione chiara, coerente e veramente condivisa all’interno del partito di maggioranza. Basti citare l’adesione del Sindaco al restauro dei ruderi della piscina all’interno dell’area in concessione all’autodromo, che è in netto contrasto con l’obiettivo del riconoscimento dell’Unesco.

Gioca a sfavore di Monza la minore dimensione rispetto agli altri soci, la difficoltà di stabilire rapporti e intese virtuose con essi, forse anche il timore di assumere posizioni conflittuali nei confronti di potenti interessi estranei alla città.

 

COMUNE DI MILANO

Il Comune di Milano spicca per il suo disinteresse nei confronti dell’IRVP di Monza, e quindi per l’ignoranza del valore e delle potenzialità del complesso monumentale di cui è comproprietario. Lo considera alla stregua di un cespite patrimoniale, alla pari di un qualsiasi immobile da reddito. Se non genera un profitto é considerato solo un onere. Non a caso ha ceduto anni fa alla Regione la sua comproprietà indivisibile della Villa con il Comune di Monza, gratuitamente, con l’esclusivo scopo di non dover contribuire alla sua conservazione.

Nella sua visione municipalistica, Milano non apprezza nulla che non sia all’ombra della Madonnina. E quindi non capisce quale vantaggio potrebbe trarre dall’includere tra i luoghi storici da offrire ai visitatori di Mlano la Corona Ferrea, che è custodita a Monza ma veniva indossata dagli aspiranti imperatori del Sacro Romano Impero e re d’Italia nel Duomo di Milano. Questo coacervo di ignoranza e miopia é molto pericoloso per le sorti del monumento, perché espone Milano alle narrazioni alimentate dalla disinformazione, e quindi ad aderire a progetti deleteri per il complesso monumentale.

 

MINISTERO DELLA CULTURA.

Il Ministero della Cultura è presente nel Consorzio attraverso la Sovrintendenza ai beni culturali e ambientali della Lombardia. In quanto tale costituisce l’unica linea di difesa del complesso monumentale, assicurata dalla legislazione sui beni culturali e ambientali.

Negli anni novanta del secolo scorso, in occasione della presentazione del “Piano per la rinascita del Parco di Monza”, parte integrante della LR 40/95, la Sovrintendenza lo approvò con riserva come «preparatorio ad un processo di più ampio respiro… e il conseguente allontanamento degli impianti», sportivi non, specificamente elencati.

E’ da augurarsi che la Sovrintendenza di oggi sia coerente con le raccomandazioni della Sovrintendente di allora, Lucia Gremmo. Tuttavia, dato che le posizioni apicali delle Sovrintendenze sono di nomina governativa, e che l’attuale governo ha rapporti stretti con i concessionari dell’autodromo, è legittimo temere che questa continuità possa essere indebolita se non addirittura contraddetta.

 

ASSOLOMBARDA.

La presenza di privati nell’organo preposto alla gestione di un bene culturale si giustifica solo se il soggetto é portatore di motivazioni culturali, competenze specifiche, liberalità economiche. L’Assolombarda non svolge nessuna di queste funzioni. Al contrario, il suo ruolo imprecisato rischia di essere quello di potenziale sostenitrice di interessi particolari in contrasto con i valori del monumento.

La scarsa o nulla sensibilità dell’Assolombarda per la tutela e la rinascita dell’IRVP è testimoniata in modo esemplare dallo stato di degrado dei Boschetti Reali, importantissimo tramite storico e paesaggistico che lega l’IRVP alla città di Monza. Ebbene: la sede monzese dell’Assolombarda si affaccia proprio sui Boschetti Reali. Ma nonostante ciò, all’Associazione non mai passato per la mente un intervento per il restauro dell’ambiente degradato che la circonda.

 

CAMERA DI COMMERCIO.

Lo stesso discorso vale per la Camera di commercio di Milano, Monza-Brianza, Lodi.

Con riferimento all’IRVP la CdC si é distinta in passato per l’elaborazione di ricerche comprovanti le ricadute economiche sul territorio del Gran Premio di F1, ricerche molto discutibili e discusse. Al contrario, la Camera non ha mai effettuato ricerche sulle ricadute economiche che potrebbero derivare dalla presenza di un monumento di rilevanza nazionale ed europea restaurato, incluso tra i beni patrimonio dell’umanità dell’Unesco, che potrebbe generare un turismo culturale non per due-tre giorni soltanto, come il Gran Premio di F1, ma per 365 giorni all’anno.

MA:

Sul Consorzio Villa Reale e Parco di Monza, a differenza di Venaria Felix, incombono due concessionari, due “convitati di pietra” in negativo, apparentemente troppo grandi e potenti per essere indotti a miti consigli, che ne determinano le scelte: l’Aci e il Golf Club di Milano.

 

ACI

L’Automobile Club d’Italia è un ente pubblico da molti considerato inutile in quanto tenuto in vita (con quasi il 60% dei ricavi) dalla gestione del Pra (Pubblico Registro automobilistico) che potrebbe essere svolta dalla ministeriale Motorizzazione Civile, che dispone degli stessi dati. Per quanto spesso in difficoltà economiche, l’ente è dotato di notevoli risorse in termini di influenza sulla produzione legislativa e di comunicazione. Per questo ente la concessione dell’Autodromo di Monza costituisce una condizione di sopravvivenza.

Per conservarla, il club potrebbe perseguire, soprattutto al giorno d’oggi, una politica illuminata di conciliazione tra i propri interessi con il restauro e la valorizzazione del prezioso contesto di cui l’autodromo gode. Al contrario, l’Aci persegue una politica di contrapposizione frontale degli interessi propri verso quelli culturali e ambientali dell’IMVP.

Due esempi possono essere esemplari. Una vasta zona centrale del Parco (circa 60 ettari), cruciale per l’integrità dei valori storici dell’IRVP e del disegno paesaggistico realizzato nel 1805 da Luigi Canonica, è devastata dai ruderi di una pista cosiddetta “di alta velocità”, progettualmente sbagliata, mal costruita, rifiutata da piloti e scuderie, fallita due volte, irrilevante per il Gran Premio di F1 che da sempre si svolge sulla pista “stradale”: un ecomostro a tutti gli effetti che andrebbe abbattuto e non restaurato con uno spreco previsto di 8 milioni di soldi pubblici. Ebbene: si è riusciti a far attribuire a questo mostro un valore storico, senza alcuna considerazione per i reali valori storici, culturali e ambientali del contesto devastato, valori del tutto recuperabili con la sua demolizione. Approfittando dell’ignoranza generale, nel Master Plan l’area viene assimilata a un “aeroporto abbandonato”, di cui la natura, ovviamente selvaggia, “si è riappropriata”. Secondo esempio, apparentemente minore: la sorte dei ruderi di una piscina adiacente all’autodromo, abbandonata da tempo. Invece di ri-naturalizzare lo spazio, seguendo gli orientamenti dell’Agenda 30 dell’ONU, del New Generation Plan, del PNRR, del Green Deal europeo, ci si propone di restaurarla con uno spreco di 2 milioni di euro. A questo scopo si descrive sistematicamente il rudere come quello di una piscina “olimpionica”. In realtà si è trattato di una vasca per uso locale. Il vero obiettivo è quello di farne un grimaldello per la trasformazione di tutta la parte nord del Parco in un luna park «motoristico e ludico».

Nei suoi programmi per l’autodromo, l’Aci non manifesta alcun interesse al restauro del complesso monumentale. Al contrario, sembra agire perché esso venga svalutato, considerato come uno spazio irrecuperabile a disposizione di qualsiasi utilizzo (Ho avuto occasione di usare la metafora di una bella ragazza violata da giovane e additata come irrecuperabile e destinata alla prostituzione). Ogni progetto e atto del concessionario è del tutto silente per quanto riguarda le conseguenze sul Parco. Il suo comportamento è quello di chi ritiene di essere padrone in casa altrui. L’obiettivo, non dichiarato ma evidente, é di appropriarsi, a basso prezzo o addirittura gratuitamente, delle vaste e preziose aree in concessione.

Quello che sorprende è che questa visione è formalizzata, sia pure con circonlocuzioni poco leggibili, nel recente Master Plan, espressione della strategia della Regione Lombardia per quanto riguarda l’IRVP. Un vero “Monster Plan”, e addirittura un “Murder Plan”, che incombe sul monumento e su Monza.

 

GOLF CLUB MILANO

Il Golf Club di Milano é una concessione analoga a quella dell’Autodromo, meno appariscente ma ancor meno giustificabile.

É nato con la distruzione di un bosco di oltre 100 ettari, intercalato da viali e radure secondo la visione unitaria del Parco disegnata da Luigi Canonica, e abitato da una ricca e varia fauna. Il risultato é un impianto artificiale, di scarsa attrattività e prestigio, riservato a pochi soci.

Se l’Aci riuscisse nel suo intento di sbranare le aree del Parco che ha in concessione, il Golf Club ne seguirebbe le sorti. Il risultato sarebbe, come prevede il Master Plan, l’amputazione dal Parco di tutta la preziosa parte del Parco a nord del Viale di Vedano (Viale Mirabello, Viale del Serraglio, Rondò della Stella, Serraglio dei Cervi, Viale dei Maroni). In sostanza, la morte del Parco come monumento storico. E una perdita irreparabile per l’identità di Monza.

 

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Il Piano Regolatore di Benevolo

 

CONCLUSIONI.

La logica, oltre che l’etica e l’estetica, suggerirebbe di realizzare un cambiamento radicale della governance dell’IRVP. seguendo il modello de La Venaria e di diversi altri casi analoghi (vedi in proposito il recentissimo L’Oro d’Italia. Dall’abbandono alla rinascita di Marco Frittella, Rai Libri, 2022). Un ente pubblico integrato anche da soci privati, ma portatori di competenze e risorse economiche dedicate ai valori storici, culturali, naturalistici, paesaggistici, di rappresentanza del monumento. Si tratterebbe di soci come la Fondazione Cariplo e/o altri soggetti culturali di prestigio interessati solo alla tutela del bene.

Anche per gli aspetti economici, é utile un riferimento al modello de La Venaria Reale, esemplare per la trasparenza, difficile da riscontrare nella contabilità del Consorzio IRVP di Monza che usa per i suoi conti un assurdo e burocratico modello specificamente destinato alle Comunità Montane. La Venaria ha presentato per il 2022 un conto economico di 13,5 milioni di euro, coperto da 5,5 milioni di euro di ricavi (biglietteria, book shop, ristorazione, servizi vari). La differenza, pari al 63% dei costi, é coperta dai soci. Una prospettiva analoga, anche se probabilmente di dimensione maggiore per la ricchezza di immobili (ville, cascine, mulini) presenti nel Parco, può essere stimata per la gestione di IRVP di Monza a regime. Comunque una prospettiva del tutto compatibile con i bilanci di enti pubblici e potenziali donatori tra i più ricchi d’Italia.

Dovrebbero quindi essere esclusi dal Consorzio l’Assolombarda e la Camera di Commercio, a meno che questi non qualifichino la loro presenza con un ruolo certificato e adeguato di donatori.

Dovrebbe inoltre radicalmente riformata la presenza di concessionari, limitandone la presenza alla fornitura di servizi, evitando la loro sostanziale trasformazione in comproprietari.

Per quanto riguarda l’autodromo, occorre prendere atto dell’esclusiva dell’Aci in base agli accordi con FOWC (Formula One World Championship) Lim., titolare della F1. Ma occorrerà che il Comune di Monza, in accordo con la Sovrintendenza e con il Comune di Milano, prenda l’iniziativa per indurre la Regione Lombardia a perseguire una politica di convergenza dei progetti dell’autodromo con i valori dell’IRVP. Se l’autodromo si riqualificasse in modo coerente con le finalità culturali e ambientali dell’IRVP, riducendo il suo eccessivo impatto quantitativo dal punto di vista territoriale, a favore di valenze qualitative, scientifico-culturali, specificamente focalizzate sul settore automotive, la partita potrebbe essere “win-win”, di vantaggio per tutti. Avendo come obiettivo comune il riconoscimento del monumento tra i beni patrimonio dell’umanità, con le enormi ricadute anche economiche di questo esito.

A questo scopo occorre diffondere la consapevolezza, nella classe politica e nell’opinione pubblica, che Villa e Parco furono proclamati “Imperial Regi” perché Monza, insieme a Milano, costituisce una cerniera millenaria tra Italia ed Europa, testimoniata dall’essere depositaria della Corona Ferrea, e non solo.

 

Una visione di questo tipo è ben descritta graficamente nel PRG di Leonardo Benevolo del 1997, purtroppo non arrivato a buon fine.

Si tratterebbe del resto di allineare il futuro dell’IRVP con i trend della quarta (o quinta) rivoluzione industriale oggi in rapido corso, e con le strategie proposte dall’ONU (Agenda 30) e dall’Unione europea (New Generation Plan, Green Deal, PNRR), orientate tra l’altro alla ri-naturalizzazione di aree devastate.

Come esigeva la Sovrintendenza con l’approvazione del “Piano per la Rinascita del Parco di Monza” del 1996, si tratterebbe in sostanza di liberare una buona volta l’IRVP dalla “maledizione degli impianti sportivi” che incombe su di essa a partire dalle devastazioni post-regicidio, ri-naturalizzando tutti i ruderi degli impianti falliti, come si è fatto per l’ippodromo (catino di alta velocità, piscina, hockey) e sistemando altrove, con dimensioni e caratteristiche specifiche e adeguate, golf, tennis e hockey. Secondo esperti si potrebbe ripmboschire tutto il golf con un investimento inferiore a un milione di euro.

Occorrerebbe naturalmente adeguare le strutture del Consorzio, qualitativamente e quantitativamente, alle alte funzioni da svolgere, in piena autonomia, senza subalternità finanziarie e di potere, pubbliche o private. E sarebbe opportuno sottoporre la nomina del Direttore a un concorso internazionale, come si è fatto con successo per i maggiori siti culturali italiani, con vincoli precisi circa le finalità di restauro e di una valorizzazione economica che parta dalla conservazione del patrimonio culturale e ambientale, secondo i parametri Esg (Environment, Social, Govefernance).
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Tutto ciò, seguendo la logica, l’etica e la buona politica, al servizio dei cittadini. Purtroppo il potere, a volte, é in mano a chi fa strame di questi principi.

 

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 L'oro d'Italia di Carlo Frittella

 

Gli autori di Vorrei
Giacomo Correale Santacroce
Giacomo Correale Santacroce

Laureato in Economia all’Università Bocconi con specializzazione in Scienze dell’Amministrazione Pubblica all’Università di Bologna, ha una lunga esperienza in materia di programmazione e gestione strategica acquisita come dirigente e come consulente presso imprese e amministrazioni pubbliche. È autore di saggi e articoli pubblicati su riviste e giornali economici. Ora in pensione, dedica la sua attività pubblicistica a uno zibaldone di economia, politica ed estetica.

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